La mostra “Luigi Ghirri.
Blu Infinito”, nata dal fertile terreno del Marv – Museo d’Arte Rubini Vesin di Gradara, si sposta ad Apecchio, trasformando Palazzo Ubaldini in un crogiolo di suggestioni visive e letterarie a partire dal 18 ottobre.
Questa data coincide con l’apertura della quarta edizione del Festival Tank – Immagine Analogica, offrendo al pubblico un’immersione nell’universo dell’artista emiliano e del suo collaboratore, Gianni Celati, fino al 10 gennaio.
Piuttosto che una semplice retrospettiva, “Blu Infinito” si configura come un dialogo complesso e raffinato tra fotografia e scrittura di viaggio, un’esplorazione delle modalità con cui il paesaggio viene catturato, interpretato e narrato.
L’esposizione rivela un Ghirri meno incline alla rappresentazione diretta, più interessato a sondare i confini del reale, a interrogare la natura stessa della percezione e del ricordo.
Gli ottantaquattro scatti inediti, accompagnati dagli appunti di Celati, non sono documenti puntuali di luoghi specifici, ma piuttosto frammenti di un percorso interiore, riflessioni sul significato del viaggio come ricerca, come processo di scoperta non solo del mondo esterno, ma anche di sé stessi.
L’allestimento, curato con meticolosa attenzione, amplifica questa dimensione concettuale.
L’uso di pannelli in legno, posizionati su basamenti colmi di sabbia proveniente dal delta del Po, crea un ambiente evocativo, quasi un paesaggio in miniatura.
La sabbia, elemento naturale per eccellenza, rimanda ai luoghi fisicamente attraversati da Ghirri e Celati, ma anche a un senso di transitorietà, di movimento continuo, di erosione del tempo.
I pannelli in legno, al contempo massicci e fragili, simboleggiano la materia, il limite fisico del nostro sguardo, la difficoltà di fissare in modo definitivo l’effimero.
La mostra si propone dunque come un’esperienza multisensoriale, un invito a riflettere sul ruolo della fotografia non come semplice riproduzione della realtà, ma come atto di interpretazione, come tentativo di cogliere l’essenza di un luogo attraverso la sua atmosfera, la sua luce, i suoi silenzi.
È un omaggio alla capacità di Ghirri e Celati di trasformare un viaggio fisico in un viaggio interiore, di rivelare la bellezza nascosta nei dettagli apparentemente insignificanti, di suggerire che la vera scoperta risiede nella capacità di guardare il mondo con occhi nuovi, di interrogare il significato di ciò che vediamo e di ciò che non vediamo.
L’allestimento, con la sua materialità suggestiva, funge da catalizzatore per questo dialogo, invitando lo spettatore a partecipare attivamente alla costruzione del significato.








