sabato 18 Ottobre 2025
20.5 C
Firenze

Libera ottiene il suicidio assistito: una sentenza storica per la dignità.

La decisione del giudice civile di Firenze apre un varco cruciale nel panorama dei diritti individuali e dell’accesso all’assistenza sanitaria in Italia, incarnando una vittoria per la dignità e l’autodeterminazione di chi soffre di patologie degenerative invalidanti.
Libera, una donna toscana di 55 anni affetta da sclerosi multipla primaria progressiva, ha ottenuto, attraverso un’azione legale, l’ordinanza che impone alla Asl di fornirle la strumentazione necessaria per il suicidio assistito, una scelta che rappresenta l’ultima, irrinunciabile espressione della sua libertà personale.
La vicenda trascende il singolo caso, sollevando interrogativi profondi sull’interpretazione della legge e sulla definizione di cosa significhi “assistenza” in un contesto di sofferenza insopportabile e irreversibile.

La paralisi dal collo in giù, conseguenza diretta della malattia, preclude a Libera la possibilità di autosomministrarsi il farmaco chemioterapico necessario per porre fine al suo tormento, una condizione che la rende, paradossalmente, dipendente da un intervento esterno per esercitare la sua volontà di porre fine alle proprie sofferenze.
L’associazione Coscioni, da sempre in prima linea nella difesa del diritto alla morte dignitosa, ha sostenuto la donna nel suo percorso legale, sottolineando come l’impossibilità di agire autonomamente non possa costituire un ostacolo all’esercizio di un diritto fondamentale.

L’ente Estar, parte del Servizio di Salute Mentale della Toscana, ha individuato una tecnologia innovativa – un sistema attivabile tramite puntatore oculare – in grado di consentire a Libera di controllare la pompa infusionale e quindi di esercitare la propria decisione.

La sentenza, che accoglie integralmente la richiesta della donna e impone all’Asl Toscana Nord Ovest di fornire la strumentazione e i farmaci entro quindici giorni, rappresenta un precedente giuridico di importanza capitale.
Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Coscioni, evidenzia come questa decisione superi la mera concessione di un diritto individuale, affermando un principio di non discriminazione nei confronti delle persone con disabilità grave che richiedono un’assistenza alla morte volontaria.
La sentenza, in sostanza, sancisce che la gravità della disabilità non può essere utilizzata come pretesto per negare l’accesso a un’assistenza che rispetta le scelte di una persona capace di intendere e di volere.
Il caso Libera è un monito per il Parlamento italiano, invitandolo a riflettere sulla necessità di una legislazione più chiara e inclusiva in materia di eutanasia e suicidio assistito, che tenga conto delle diverse condizioni e capacità di ogni individuo, garantendo a tutti la possibilità di scegliere il proprio destino con dignità e rispetto.

La sua storia è un grido di speranza per chi, come lei, vive un’esistenza segnata dal dolore e dalla sofferenza, e un invito a non dimenticare che la libertà, anche quella di scegliere quando e come morire, è un diritto inviolabile.

- pubblicità -
- pubblicità -
- pubblicità -
- pubblicità -
Sitemap