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giovedì 30 Ottobre 2025

Microplastiche: shock negli ecosistemi incontaminati sudafricani

L’integrità degli ecosistemi protetti, considerati baluardi di biodiversità e rifugi dalla pressione antropica, è oggi gravemente compromessa dalla pervasività delle microplastiche.
Una ricerca congiunta condotta da scienziati italiani dell’Università di Padova e dell’Università di Pretoria ha rivelato la presenza inquietante di microplastiche, in particolare nylon, negli organi interni e nel sangue di fauna selvatica prelevata in riserve naturali del Sudafrica.

Questi siti, tradizionalmente percepiti come zone incontaminate, si rivelano dunque vittime silenziose di un inquinamento globale ormai ubiquitario.

Lo studio, presentato al Sardinia Symposium 2025 – piattaforma internazionale di confronto tra esperti di gestione dei rifiuti e di economia circolare – evidenzia un dato particolarmente sconcertante: la concentrazione di nylon riscontrata negli organi vitali degli animali suggerisce un meccanismo di contaminazione più complesso di quanto precedentemente ipotizzato.

L’origine di questo polimero, comunemente utilizzato in tessuti, abbigliamento e imballaggi, impone una riflessione sulle dinamiche di impatto antropico, estendendosi oltre le fonti ovvie.
Anche attività turistiche e comunità locali, seppur distanti dalle aree industriali, possono agire come vettori di microplastiche, accentuando la vulnerabilità degli ecosistemi più remoti.
L’implicazione è profonda: le microplastiche, frammenti inferiori a 5 millimetri, non solo irrompono nella vita degli animali selvatici, ma penetrano in organi essenziali, dimostrando l’assenza di zone “immuni” a questo inquinamento.

La pericolosità non risiede solamente nella presenza fisica di queste particelle, ma anche nel rilascio di additivi tossici e nell’effetto di “spugna” che le microplastiche hanno nei confronti di sostanze chimiche persistenti, potenzialmente dannose per la salute degli animali e, per via della catena alimentare, anche per l’uomo.

Questo fenomeno pone l’accento sulla filiera produttiva intensiva di fibre sintetiche, intrinsecamente legata ai modelli di fast fashion e alla produzione massiva di beni di consumo, le quali si stanno infiltrando in ogni aspetto del pianeta.

La ricerca si colloca nel contesto di un dibattito cruciale all’interno del Sardinia Symposium, incentrato sulla definizione di strategie efficaci per raggiungere gli obiettivi di riciclo tessile fissati dall’Unione Europea.

L’analisi approfondisce non solo l’impatto ambientale diretto della dispersione delle microfibre, ma anche le nuove normative UE volte a promuovere la raccolta differenziata e il riciclo dei tessuti.
È imperativo, pertanto, adottare un approccio sistemico che coinvolga università, istituzioni, aziende e consumatori, promuovendo la riduzione della produzione di microplastiche alla fonte, l’innovazione di materiali alternativi e lo sviluppo di tecnologie avanzate di rimozione e riciclo.

La salvaguardia degli ecosistemi, e la tutela della salute umana, dipendono dalla nostra capacità di affrontare questa sfida globale con determinazione e lungimiranza.

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