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giovedì 23 Ottobre 2025

Sardegna, contestazione a Cagliari: fabbrica di droni al centro della protesta

Sotto il palazzo del Consiglio regionale di Cagliari, un’onda di contestazione si è riversata, un mosaico composto da comitati civici, movimenti pacifisti, associazioni ambientaliste e sigle sindacali.

Il fulcro della protesta: la fabbrica Rwm di Domusnovas, un sito industriale che si è trasformato in epicentro di produzione bellica, alimentando conflitti lontani e generando profondo disagio nel territorio.
L’emergere di nuove informazioni, che rivelano la produzione di droni “kamikaze” in collaborazione tra la Rheinmetall tedesca e l’azienda israeliana Uvision Air, ha esacerbato le tensioni, catalizzando un movimento già attivo da tempo per la riconversione del sito.
La richiesta di un incontro con la dirigenza del Consiglio regionale, con il Presidente dell’Assemblea, i capigruppo e la Presidente Alessandra Todde, è rimasta inascoltata.

La motivazione addotta, un’assenza di “condizioni favorevoli” per affrontare la questione, è stata percepita come un atto di sconsideratezza nei confronti delle preoccupazioni espresse dalla cittadinanza.

Giacomo Meloni, della Confederazione Sindacale Sarda, ha denunciato questo rifiuto come un segnale negativo, evidenziando come la minoranza di centrodestra, pur richiamandosi a presunte necessità occupazionali, non possa esimere la maggioranza di governo da una presa di posizione politica chiara e coerente.
La Sardegna, a differenza di Lombardia e Lazio, dovrebbe abbracciare una politica di netta dismissione dalla produzione di armamenti.
L’ampliamento della fabbrica, attualmente in attesa di approvazione dalla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), rappresenta un ulteriore elemento di preoccupazione.
Il pressing di Governi, Ministeri (Imprese e Difesa) e Confindustria per il raddoppio della produzione si contrappone alla richiesta di alternative sostenibili.
Angelo Cremone, di Sardegna Pulita, ha stigmatizzato questa contraddizione, denunciando un’ipocrisia sconcertante: lacrime versate per le vittime di Gaza convvivono con la produzione, a pochi chilometri di distanza, di ordigni destinati a perpetuare la violenza.
La silenziosa esportazione di questi prodotti attraverso il porto di Cagliari aggrava il quadro.

L’adesione di Sardegna chiama Sardegna, una rete eterogenea di movimenti, associazioni e partiti politici, ha conferito ulteriore forza alla mobilitazione.

Danilo Lampis, portavoce del movimento, ha sottolineato la necessità di una revisione radicale della politica industriale sarda, auspicando la creazione di alternative occupazionali basate su un’economia pacifica e sostenibile.
Anche Legambiente ha rafforzato la protesta, ricordando che il progresso sociale ed economico non può essere subordinato all’espansione dell’industria bellica, e denunciando la tendenza a validare ex post interventi che hanno trascurato le necessarie procedure di valutazione ambientale.

Il futuro della Sardegna, secondo i manifestanti, non può essere legato alla produzione di morte, ma alla costruzione di un futuro di pace e prosperità condivisa.

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