La scomparsa di Mara Favro, avvenuta nel marzo 2024 nella Valle di Susa, ha rappresentato un caso particolarmente doloroso e complesso, culminato tragicamente con il ritrovamento del corpo al fondo di un dirupo.
L’ufficio inquirente, abituato a gestire quotidianamente numerose segnalazioni di persone scomparse, con un tasso di risoluzione generalmente positivo, si è trovato ad affrontare una vicenda per la quale, purtroppo, la speranza di un lieto fine si è spenta.
Questo scenario ha portato alla presentazione, da parte della Procura di Torino, una richiesta di archiviazione, una decisione che riflette la delicatezza e le difficoltà intrinseche del caso.
L’indagine, condotta con scrupolosità da parte dei carabinieri del Ros, ha cercato di ricostruire i movimenti finali di Mara Favro attraverso un’analisi approfondita dei tabulati telefonici e delle celle telefoniche agganciate.
La ricostruzione, basata anche sulle testimonianze raccolte, ha rivelato che, al termine del turno di lavoro presso la pizzeria di Chiomonte, la donna si è allontanata a piedi, intraprendendo un percorso notturno lungo la strada statale.
Durante questo tragitto, Mara ha comunicato via messaggio e ha fruito di contenuti musicali, attività che testimoniano una apparente normalità interrotta bruscamente.
Un elemento cruciale nella ricostruzione degli eventi è stato l’aggancio del telefono cellulare alla cella immediatamente successiva, un dato che, unitamente ad altre evidenze, suggerisce una deviazione dalla strada principale e un successivo precipitare lungo un sentiero adiacente.
L’analisi tecnica, seppur non in grado di fornire certezze assolute, ha contribuito a delineare un quadro probabile, seppur drammatico.
La richiesta di archiviazione, sottoscritta dai magistrati Cesare Parodi e Davide Pretti, si fonda sulle conclusioni dell’inchiesta e sulla base normativa introdotta dalla legge Cartabia.
Questa normativa, volta a garantire una maggiore efficienza del sistema giudiziario, prevede la possibilità di archiviare procedimenti quando le prospettive di una condanna sono infondate o dubbie.
In questo caso, la Procura ritiene che, alla luce delle evidenze raccolte, un eventuale processo si concluderebbe con un esito sfavorevole per l’accusa, rendendo l’archiviazione la scelta più appropriata per preservare la dignità della giustizia e risparmiare ulteriori sofferenze alla famiglia della vittima.
L’archiviazione non implica una chiusura definitiva, ma sospende il procedimento in attesa di eventuali nuovi elementi che possano emergere nel tempo.
Il caso Mara Favro solleva, ancora una volta, interrogativi complessi sulla vulnerabilità umana, la fragilità dei legami sociali e la necessità di una maggiore attenzione verso i soggetti a rischio, soprattutto in contesti geografici impervi e isolati.