A Modena, si apre un capitolo cruciale nella complessa vicenda che ha visto il sacerdote modenese don Mattia Ferrari, cappellano della ONG Mediterranea, oggetto di reiterate e pesanti attacchi online.
Il 5 novembre, il tribunale locale ospiterà la prima udienza del processo per diffamazione aggravata, con l’identificato titolare dell’account X (@rgowans) chiamato a rispondere delle sue azioni.
Il raggiungimento di questa fase giudiziaria rappresenta il coronamento di un percorso intricato e ostacolato, caratterizzato da numerose complessità procedurali.
L’avvocata Francesca Cancellaro, che assiste don Ferrari, ha sottolineato come la vicenda abbia richiesto un’azione coordinata e determinata, comprendente una richiesta di avocazione, la gestione di una richiesta di archiviazione, un’imputazione coatta e l’emissione di un ordine di indagine europeo, per giungere all’identificazione del responsabile.
Lungi dall’essere un caso isolato, la vicenda di don Ferrari solleva interrogativi di portata ben più ampia, riguardanti la sicurezza delle comunicazioni ufficiali e la protezione di figure pubbliche impegnate in attività umanitarie.
L’account ‘@rgowans’, infatti, è al centro di un crescente allarme nazionale e internazionale, non solo per le aggressioni subite dal sacerdote, ma anche per la sua capacità di accedere e divulgare informazioni sensibili, presumibilmente riservate, relative ai rapporti diplomatici e commerciali tra l’Italia e la Libia.
Questo aspetto aggiunge un elemento di gravità significativa al processo, suggerendo una potenziale compromissione della sicurezza nazionale e sollevando dubbi sulla possibile esistenza di una rete più ampia di soggetti coinvolti nella diffusione di informazioni riservate.
La vicenda non si limita quindi a una disputa legale per diffamazione, ma si configura come un campanello d’allarme sulla vulnerabilità delle comunicazioni governative e sulla necessità di rafforzare le misure di protezione per coloro che operano in prima linea nelle missioni umanitarie, spesso esposti a rischi e pressioni di varia natura.
Il processo a @rgowans diventa così un test cruciale per la tutela della reputazione, della sicurezza e dell’integrità delle istituzioni e delle persone che le rappresentano.







