La vicenda che avvolge la tragica scomparsa di Cinzia Pinna, la giovane donna trovata senza vita nella tenuta ConcaEntosa tra Palau e Arzachena, si articola ora in una complessa fase di ricostruzione forense e analisi digitale.
A partire dalla prossima settimana, avranno inizio approfondite indagini sul materiale biologico e le tracce papillari repertate dal team del Ris di Cagliari durante i meticolosi sopralluoghi nella struttura di proprietà di Emanuele Ragnedda, l’uomo che si è dichiarato responsabile dell’omicidio.
Parallelamente, il consulente tecnico nominato dalla Procura della Repubblica di Tempio Pausania provvederà alla clonazione dell’hard disk del computer Apple appartenuto all’imputato.
Questa operazione, cruciale per preservare l’integrità dei dati e consentire analisi approfondite, rappresenta un tassello fondamentale nell’accertamento della verità processuale.
Anche questo strumento informatico sarà sottoposto a rigorose verifiche forensi, con particolare attenzione alla ricerca di tracce biologiche e impronte digitali.
La difficoltà iniziale nell’accedere ai dati contenuti nel dispositivo Apple, come precedentemente riportato, aveva inizialmente ostacolato le indagini.
Il sofisticato sistema di sicurezza implementato dall’azienda americana, che impedisce l’accesso ai dati senza l’inserimento del codice di sblocco, aveva reso necessaria la collaborazione di terzi.
A fornire la password decisiva è stata Rosa Maria Elvo, compagna di Ragnedda e attualmente indagata per favoreggiamento, unitamente a Luca Franciosi.
L’avvocato difensore di Elvo, Francesco Umberto Furnari, ha spiegato come la donna, pur consapevole delle implicazioni legali del proprio coinvolgimento, abbia scelto di collaborare attivamente con le autorità, fornendo le chiavi d’accesso al computer.
La decisione, motivata dalla volontà di contribuire alla ricostruzione degli eventi e chiarire la propria posizione, ha permesso di superare l’ostacolo iniziale e procedere all’esame dei dati digitali.
L’intervento di Furnari sottolinea una strategia difensiva improntata alla trasparenza e alla cooperazione, in contrasto con un possibile atteggiamento di reticenza che avrebbe potuto complicare ulteriormente la situazione.
La password fornita, originariamente in uso, ha permesso di accedere al contenuto del dispositivo, aprendo nuove prospettive investigative.
L’analisi dei dati digitali potrebbe rivelare dettagli cruciali riguardanti le dinamiche del delitto, le motivazioni che hanno portato alla tragedia e possibili elementi di prova a carico di Ragnedda e dei suoi complici.
La collaborazione di Elvo, sebbene carica di implicazioni legali, rappresenta un passo avanti nella ricerca della verità e nella ricostruzione di una vicenda dolorosa che ha sconvolto la comunità sarda.
La questione ora si concentra sull’interpretazione dei dati recuperati e sulla loro integrazione con gli altri elementi di prova raccolti durante le indagini.







