L’erosione del tessuto bancario italiano, già evidente e in accelerazione, rischia di precipitare in una crisi di desertificazione finanziaria con implicazioni sociali ed economiche profonde, se non si interviene con urgenza.
Il XIV Rapporto della Fondazione Fiba di First Cisl dipinge un quadro preoccupante: nei primi nove mesi del 2025, l’Italia ha perso 268 filiali bancarie, un dato che, stando alle previsioni, subirà un’ulteriore e significativa impennata nel quarto trimestre, per effetto di riduzioni già programmate da istituti di credito di grandi dimensioni.
Questo fenomeno non è un mero bilancio numerico; rappresenta un impoverimento dei servizi finanziari per milioni di cittadini, soprattutto nelle aree interne e rurali, dove l’accesso al denaro contante, ai prestiti e alla consulenza finanziaria è vitale per la sopravvivenza delle attività commerciali e per la qualità della vita delle famiglie.
I comuni privi di sportelli bancari, oggi 3.419, corrispondono a quasi la metà del territorio nazionale, un dato che amplifica il divario tra aree urbane, ben servite, e aree marginali, sempre più escluse.
Il rischio di una contrazione ancora più drammatica è alimentato dalle recenti riorganizzazioni nel settore, come l’acquisizione della Popolare di Sondrio da parte di Bper Banca, che ha portato all’annuncio di una significativa razionalizzazione della rete, con la chiusura di 90 sportelli nel Nord Italia, un numero superiore alla prescrizione dell’Antitrust.
Tuttavia, l’operazione più allarmante all’orizzonte è la potenziale integrazione tra Banco Bpm e Crédit Agricole Italia.
La creazione di un terzo polo bancario italiano, con una rete di 2.425 filiali, potrebbe apparire, a una prima lettura, un segnale di consolidamento.
In realtà, ciò comporterebbe una sovrapposizione significativa di presenza territoriale, soprattutto in Lombardia, Liguria ed Emilia Romagna, regioni che si troverebbero a fronteggiare oneri sproporzionati in termini di riduzioni di servizi e posti di lavoro.
L’integrazione non è fine a sé stessa; deve portare benefici concreti per i clienti e per il territorio.
La Fondazione Fiba di First Cisl mette in guardia: l’operazione, se realizzata senza un’attenta valutazione delle conseguenze sociali e territoriali, potrebbe innescare una spirale di chiusure e licenziamenti, esacerbando la desertificazione bancaria e creando una frattura ancora più profonda nel tessuto economico del Paese.
La sfida non è semplicemente quella di ridurre i costi, ma di garantire l’accesso equo ai servizi finanziari per tutti i cittadini, preservando l’occupazione e valorizzando il ruolo delle banche come pilastri della comunità.
First Cisl si oppone con determinazione a scelte che, sotto il falso pretesto dell’efficienza, rischiano di compromettere il futuro delle comunità locali e il benessere di milioni di italiani.
È necessario un cambio di paradigma, orientato alla sostenibilità sociale e territoriale, che metta al centro le esigenze dei cittadini e non solo quelle degli azionisti.






