Andrea De Adamich, un’icona poliedrica dello sport italiano, ci ha lasciati all’età di 84 anni, segnando la fine di un’epoca che ha visto la sua figura incrociare il percorso dell’automobilismo agonistico e dell’intrattenimento televisivo.
Nato a Trieste, il suo talento alla guida si manifestò precocemente, catapultandolo rapidamente nel vertice del motorsport mondiale.
La sua carriera da pilota, pur interrotta bruscamente, fu costellata di successi e contribuì a definire un’era d’oro per le competizioni automobilistiche.
De Adamich non fu solo un pilota, ma un vero e proprio *enfant prodige* delle corse.
La conquista del titolo di Campione di Formula 3 nel 1965, a soli 24 anni, preannunciò una carriera brillante.
La sua ascesa fu inarrestabile, culminando con i trionfi consecutivi nel Campionato Europeo Turismo nel 1966 e 1967, a bordo delle Alfa Romeo.
L’approdo in Formula 1, nel 1968, sancì il suo ingresso nell’Olimpo dell’automobilismo, dove guidò per team prestigiosi come Ferrari, McLaren, March, Surtees e Brabham, affrontando alcuni dei più grandi piloti di sempre.
Il 1973, a Silverstone, rappresentò un punto di svolta drammatico.
Un incidente a catena, innescato da un testacoda di Jody Scheckter, intrappolò la sua Brabham, causando gravi fratture alle gambe.
Questo evento, pur segnando la conclusione forzata della sua carriera da pilota professionista, non spegnse la sua passione per le corse.
Anzi, lo spinse a reinventarsi, partecipando con successo alle competizioni con vetture sportive, mantenendo vivo il suo legame con il mondo dell’automobilismo.
Il passaggio al mondo televisivo negli anni ’80 rappresentò una metamorfosi inaspettata, ma altrettanto significativa.
La nascita delle televisioni private, in seguito al monopolio Rai, aprì nuove opportunità per lo sport, e De Adamich si rivelò un talento inaspettato.
Il Gruppo Fininvest intuì il suo potenziale comunicativo e lo inserì in un programma dedicato al motorsport.
La sua seconda vita professionale fu contraddatta da un approccio unico e raffinato.
Lontano dagli stereotipi del telecronista urlante, De Adamich portò in televisione una pacatezza, un’eleganza e una competenza tecnica che conquistarono il pubblico.
La conduzione di “Grand Prix”, una trasmissione storica per gli appassionati, consacrò la sua figura come punto di riferimento per gli amanti del motorsport.
La sua capacità di coniugare la passione per le corse con un linguaggio accessibile e competente, creò un legame profondo con gli spettatori, elevandolo a icona della cultura sportiva italiana.
De Adamich non fu solo un telecronista, ma un narratore appassionato, capace di trasmettere l’emozione e la tecnica di un mondo complesso, contribuendo a far conoscere e apprezzare l’automobilismo a un pubblico vasto.
La sua eredità, fatta di corse, passioni e parole, resterà impressa nella memoria di un’intera generazione.







