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martedì 11 Novembre 2025

Traffico di rifiuti: indagine a Milano e Como, 76 indagati.

Un’operazione giudiziaria di vaste proporzioni, che coinvolge 76 persone e 10 società, ha portato alla luce un sistema complesso di traffici illeciti di rifiuti nell’area milanese, con ramificazioni significative nel Comasco.

L’indagine, condotta dalla DDA di Milano sotto la direzione del magistrato Francesco De Tommasi, ha rivelato la presunta “riciclaggio” fraudolento di circa 316 tonnellate di materiali di scarto provenienti da attività di costruzione e demolizione.
Questi rifiuti, classificati come inerti o misti, sarebbero stati deliberatamente spacciati per aggregati riciclati, eludendo così le normative vigenti e le relative procedure di trattamento e recupero.

Il fulcro di questa attività illegale sembra essere stato il cantiere destinato alla realizzazione del campo di allenamento del Como Calcio 1907 a Mozzate, dove, tra marzo e dicembre 2022, i materiali finivano in modo irregolare.
È importante sottolineare che la società calcistica, pur essendo situata in prossimità del sito di stoccaggio illegale, risulta essere totalmente estranea alle accuse.

L’epicentro operativo di questo presunto schema criminale è la società Cereda Ambrogio srl, indagata per associazione a delinquere finalizzata alla gestione abusiva e illecita di ingenti quantitativi di rifiuti non pericolosi.
L’accusa sostiene che i materiali, pur venendo “smaltiti”, non abbiano subito alcun processo di lavorazione o trattamento, violando così le direttive ambientali e aggirando il pagamento di oneri fiscali.

In relazione allo smaltimento illecito avvenuto nel cantiere di Mozzate, sono indagati il legale rappresentante di Floricultura Ghezzi Giuseppe e Ghema srl, insieme ad altre persone.
Secondo le indagini della Procura milanese, i rifiuti provenienti dagli impianti di queste due società sarebbero stati conferiti illegalmente nel cantiere del Como Calcio.
Il presunto vantaggio economico derivante da questa gestione illegale è quantificato in circa 5.600 euro, una cifra relativamente modesta se considerata nel contesto della quantità di materiale coinvolto, ma indicativa della natura sistemica e potenzialmente estesa del fenomeno.

L’operazione giudiziaria solleva interrogativi sulla sorveglianza e il controllo dei flussi di rifiuti, evidenziando la necessità di rafforzare i meccanismi di tracciabilità e di vigilanza per prevenire fenomeni di illegalità che possono avere ripercussioni significative sull’ambiente e sulla salute pubblica.
L’indagine è ancora in corso e ulteriori sviluppi potrebbero emergere con l’analisi più approfondita dei documenti e con le testimonianze raccolte.

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