La vicenda che avvolge la scomparsa di Vito Mezzalira, ex postino triestino di origini mantovane, si infittisce di nuovi, inquietanti sviluppi.
L’inchiesta, coordinata dalla procuratrice capo di Gorizia, Giulia Capella, e condotta dai Carabinieri, ha portato al ritrovamento di resti umani nel giardino di una villetta a Sdraussina, frazione di Gorizia, quasi due anni dopo la denuncia di scomparsa, risalente al 2019.
Il ritrovamento, avvenuto in un sacco nero, sigillato e sepolto a quattro metri di profondità in un pozzo in precedenza cementato, ha riaperto le indagini e ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di un terzo soggetto: il figlio trentenne della compagna di Mezzalira, Mariuccia Orlando.
La figura di Mariuccia Orlando, insieme al suo fratellastro Moreno Redivo, è centrale nell’indagine.
Entrambi sono attualmente accusati di concorso in omicidio, occultamento di cadavere e truffa ai danni dello Stato, reati che denotano un quadro di premeditazione e una spietata pianificazione volta a depistare le autorità e ad appropriarsi, presumibilmente, dei beni di Mezzalira.
La truffa ai danni dello Stato, in particolare, suggerisce una manipolazione delle pratiche burocratiche per ottenere benefici economici illegittimi in seguito alla presunta scomparsa dell’uomo.
L’aggiunta del figlio di Orlando agli indagati introduce una nuova complessità nel quadro investigativo.
Sebbene sia stato sentito in precedenza dagli inquirenti, la sua posizione e il suo possibile coinvolgimento nei presunti crimini restano ancora da chiarire.
Gli investigatori stanno ora lavorando per ricostruire il suo ruolo, analizzando le sue dichiarazioni precedenti, verificando eventuali alibi e valutando la possibilità che avesse partecipato attivamente alla pianificazione o all’esecuzione del presunto omicidio e occultamento del corpo.
Il ritrovamento dei resti umani, avvenuto a distanza di anni dalla scomparsa, solleva interrogativi cruciali sulla possibile presenza di depistaggi e sulla difficoltà incontrata dagli investigatori nel corso della prima fase delle indagini.
Il cemento che sigillava il pozzo indica un tentativo deliberato di nascondere il corpo e di ostacolare il ritrovamento da parte delle autorità.
L’analisi forense sui resti umani sarà fondamentale per accertare l’identità della vittima, stabilire la causa della morte e raccogliere elementi utili per ricostruire la dinamica del fatto.
La vicenda, carica di elementi oscuri e di sospetti inquietanti, testimonia la complessità delle indagini su crimini efferati, dove la ricerca della verità si intreccia con la necessità di ricostruire un passato ingannato e di smascherare una rete di relazioni torbide.







