L’Alto Adige si trova ad affrontare una sfida demografica crescente: un esodo di giovani talenti che sta erodendo il capitale umano della regione.
Se quindici anni fa il flusso di altoatesini tra i 20 e i 49 anni che si trasferivano in Austria, Germania o Svizzera si attestava intorno ai 1.500, oggi si parla di quasi 7.000 persone su un quinquennio, un incremento significativo che testimonia una tendenza strutturale preoccupante.
Questo divario, evidenziato dall’Ufficio Osservazione del Mercato del Lavoro, supera le 800 persone all’anno, un dato che riflette una perdita netta di competenze e professionalità.
Al di là del semplice numero, è importante analizzare le dinamiche sottostanti.
Sebbene l’esodo sia generalizzato, emergono peculiarità rilevanti: i nati fuori dall’Alto Adige, in particolare i cittadini italiani, mostrano una maggiore propensione a ritornare nelle loro regioni di origine, suggerendo una ricerca di radici e di affinità culturale che l’Alto Adige, pur offrendo opportunità, non riesce a soddisfare pienamente.
Il livello di istruzione si configura come un fattore determinante.
Mentre chi completa un apprendistato o una scuola professionale provinciale mostra un tasso di emigrazione relativamente contenuto (9%), la percentuale sale drasticamente al 24% tra i diplomati.
Questo dato si aggrava ulteriormente tra coloro che, dopo il diploma di maturità, entrano direttamente nel mondo del lavoro, con un 10% che opta per l’estero.
Un’analisi più approfondita rivela una correlazione significativa tra successo scolastico e propensione all’emigrazione: i diplomati con voti elevati mostrano una maggiore attrazione verso opportunità al di fuori della regione.
Questa fuga di cervelli non è solo un problema economico, ma anche sociale e culturale.
Per invertire questa tendenza, è imperativo agire su più fronti.
È necessario creare un mercato del lavoro più attrattivo, non solo in termini di retribuzione, ma soprattutto in termini di qualità della vita e di opportunità di crescita professionale.
Ciò implica offrire tirocini formativi di alto livello, apprendistati qualificanti, esperienze lavorative estive significative e, soprattutto, percorsi di carriera trasparenti e stimolanti.
La conciliazione tra vita privata e professionale, l’accesso a soluzioni abitative adeguate e la promozione di un ambiente di lavoro inclusivo sono elementi cruciali per trattenere i talenti e attrarne di nuovi.
Nonostante la sfida, esiste un barlume di speranza: circa un quarto di coloro che emigrano, nel periodo 2011-2015, è tornato a risiedere in Alto Adige dieci anni dopo.
Questo dato suggerisce che le ragioni che spingono all’emigrazione sono spesso legate a fattori temporanei o a specifiche opportunità, e che l’Alto Adige, con i suoi vantaggi intrinseci, continua a rappresentare un luogo di ritorno potenziale.
Tuttavia, per massimizzare questo potenziale, è necessario un’analisi approfondita delle motivazioni che guidano le scelte individuali, un’analisi attualmente in corso.
Il direttore del Servizio Mercato del Lavoro, Stefan Luther, sottolinea che il mercato del lavoro altoatesino deve competere in termini di attrattività con quello dei Länder austriaci, dei Länder tedeschi e dei Cantoni svizzeri, riconoscendo che un aumento dell’attrattività è una condizione imprescindibile per il futuro della regione.
L’assessora provinciale al Lavoro, Magdalena Amhof, riassume la sfida: trattenerli e attrarne di nuovi, investendo nel futuro del capitale umano altoatesino.








