La vittoria contro Ben Shelton, sigillata con una lucidità quasi innaturale nel tie-break decisivo delle ATP Finals, ha risvegliato in Jannik Sinner un’analisi intima e pragmatica del proprio percorso.
Non si tratta di arroganza, né di presunzione, bensì di una profonda consapevolezza del ruolo che il caso, l’imponderabile, gioca nel tennis di altissimo livello.
“Finora, ho avuto la fortuna di prendere decisioni opportune al momento giusto,” ha ammesso Sinner, riconoscendo come la precisione al servizio, in particolare contro Zverev, abbia fatto la differenza tra una vittoria e una sconfitta.
La sua affermazione sottolinea una verità fondamentale: nel tennis, la linea di demarcazione tra il trionfo e l’amarezza può essere sottilissima, spesso ridotta a un singolo punto, a un respiro trattenuto, a una frazione di secondo.
Il concetto di “minibreak” nel tie-break, ad esempio, non è una mera statistica, ma un’incarnazione tangibile di questa precarietà.
Ammettere che una situazione di svantaggio di quel genere avrebbe potuto condurre a un risultato diverso non è un atto di debolezza, ma di onestà intellettuale e di rispetto per l’avversario.
Tuttavia, al di là dell’ineluttabile influenza del caso, Sinner evidenzia l’importanza strategica di esercitare una pressione costante sull’avversario.
Questa pressione, non intesa come sopraffazione psicologica, ma come un flusso continuo di stimoli che costringono l’altro giocatore a operare ai limiti delle proprie possibilità, risulta essere un elemento cruciale per creare opportunità e amplificare le probabilità di successo.
“Quando si mette sempre pressione, si stanno facendo le cose giuste,” ha spiegato, rivelando un principio cardine della sua filosofia di gioco.
È l’ammissione di un’umanità intrinseca, l’accettazione della vulnerabilità che rende la sua analisi ancora più potente.
Nessuno, nemmeno il giocatore più talentuoso, è infallibile.
“Una partita prima o poi la perderò, non sono una macchina,” ha detto con chiarezza, dissipando ogni possibile interpretazione di superiorità.
Questa dichiarazione non diminuisce il valore delle sue vittorie, ma ne accresce la credibilità.
Infine, c’è la genuina passione per la competizione che traspare dalle sue parole.
“Sono sempre contento di mettermi in gioco,” conclude Sinner, esprimendo un desiderio profondo di sfida, una volontà di confrontarsi con i migliori, di spingersi ai limiti delle proprie capacità.
Questo non è solo il motto di un campione, ma la quintessenza di un atleta che ha abbracciato la complessità del tennis e la bellezza della battaglia.







