La IX Giornata Mondiale dei Poveri, celebrata il 19 novembre, ci invita a riflettere sul tema “Sei tu, mio Signore, la mia speranza”.
Questa frase, tratta dal Salmo 22, racchiude un anelito universale, particolarmente intenso nelle realtà che vivono la precarietà e l’emarginazione.
In Sicilia, la Caritas, attraverso la voce del direttore regionale Domenico Leggio, sottolinea l’urgenza di un cambiamento di paradigma: abbandonare le iniziative assistenziali “per” i poveri, per abbracciare un approccio partecipativo, che li veda protagonisti attivi nella costruzione del proprio percorso di resilienza e reinserimento sociale.
Non si tratta di gesti isolati, ma di una costante attenzione quotidiana, un tessuto di relazioni che riconosca in ogni individuo la dignità di essere parte integrante della comunità.
Il Report statistico 2025 di Caritas Italiana getta luce su una realtà complessa e sfaccettata.
Nei centri d’ascolto siciliani, ben 12.351 persone hanno trovato un punto di riferimento, rappresentando una quota significativa rispetto al dato nazionale.
L’analisi rivela un quadro demografico con una prevalenza di utenti italiani (71,9%), una netta maggioranza femminile e una marcata vulnerabilità abitativa, un problema strutturale che persiste nonostante la disponibilità di edifici inutilizzati.
Oltre alla precarietà abitativa, la dispersione scolastica si configura come una sfida cruciale, un campanello d’allarme che impone alla comunità un investimento prioritario nell’educazione, non solo come diritto fondamentale, ma come motore di emancipazione e mobilità sociale.
L’innegabile calo demografico, con la perdita di 22.000 residenti nel solo 2024 a causa della denatalità e delle migrazioni, aggrava ulteriormente il quadro, privando la Sicilia di risorse umane vitali per il suo futuro.
Il mercato del lavoro siciliano presenta criticità profonde.
Un quarto dei giovani tra i 15 e i 29 anni si trova in una condizione di NEET (Not in Education, Employment or Training), un limbo che preclude loro la possibilità di costruire un futuro autonomo.
Sebbene si registri un aumento dell’occupazione, questa è spesso caratterizzata da contratti precari, part-time o stagionali, che non garantiscono stabilità economica né la possibilità di progettare il proprio percorso di vita.
In alcune aree, questo scenario si intreccia con fenomeni di sfruttamento lavorativo, dove la retribuzione è insufficiente e le condizioni di lavoro sono degradanti.
La crescente attenzione verso la salute mentale emerge come un ulteriore tassello di questa complessa realtà.
Caritas osserva un aumento significativo delle fragilità psicologiche e una maggiore richiesta di supporto, segnali che spesso rappresentano il confine sottile tra la possibilità di rialzarsi e la spirale della povertà assoluta.
Questi elementi richiedono un approccio olistico, che integri l’assistenza materiale con un supporto psicologico e sociale mirato.
La povertà in Sicilia non è solo una questione di numeri e statistiche: è una sfida antropologica, un invito a riscoprire la nostra responsabilità condivisa.
La Conferenza Episcopale Siciliana (CESI) esorta tutte le comunità cristiane a rispondere con solidarietà concreta, investimento in istruzione e una rinnovata sensibilità verso i più vulnerabili, affinché nessuno venga lasciato indietro in questo cammino di speranza e rinascita, un percorso che richiede non solo azioni immediate, ma anche una profonda riflessione etica e una visione a lungo termine per il futuro dell’Isola.
La vera speranza risiede nella capacità di costruire ponti, di ascoltare le storie di chi soffre e di agire con compassione e determinazione per un futuro più giusto e inclusivo.







