Il panorama culturale giovanile, tra i 16 e i 24 anni, si rivela un territorio complesso e in trasformazione, profondamente segnato dalla centralità dei media audiovisivi.
I dati emergenti dal Rapporto Civita “Semi di futuro.
Giovani, cultura e benessere”, elaborati dal Centro Studi dell’Associazione Civita in collaborazione con Swg e misurati attraverso l’Oxford Happiness Questionnaire (OHQ), delineano un quadro in cui la fruizione di film, musica e serie TV domina incontrastata, superando significativamente la lettura e, soprattutto, l’accesso a forme di offerta culturale collettiva come cinema, musei, concerti e spettacoli teatrali.
Tuttavia, questo dato aggregato nasconde una realtà più sfumata: sebbene una parte significativa dei giovani partecipi a queste iniziative, l’esperienza è spesso caratterizzata da una passività che ne riduce l’impatto sul benessere psicofisico.
L’OHQ, strumento chiave per misurare la felicità percepita, riflette questo fenomeno: aumenta significativamente solo in relazione all’utilizzo di prodotti audiovisivi, suggerendo che la cultura, per generare un reale beneficio, deve suscitare un coinvolgimento emotivo profondo e una partecipazione attiva.
La ricerca evidenzia un paradosso interessante anche nell’ambito della produzione creativa.
Sebbene il 60% dei giovani si dichiari attivo in questo campo, l’OHQ risulta più alto tra coloro che non lo sono.
Questa apparente contraddizione, come ipotizzano gli autori del Rapporto, potrebbe riflettere un livello di consapevolezza emotiva più elevato tra i giovani creativi, che, proprio per la profondità e la complessità dell’esperienza artistica, sono più esposti a fragilità e insicurezze.
La creatività, dunque, non è intrinsecamente depauperante, ma la sua realizzazione può esporre a una vulnerabilità emotiva che incide negativamente sul benessere se mancata di un adeguato riconoscimento o motivazione intrinseca.
Le implicazioni per gli operatori culturali sono evidenti.
Non è sufficiente una mera offerta quantitativa e diversificata; è cruciale sviluppare percorsi di mediazione culturale che promuovano l’empowerment, cioè la capacità di assumere un ruolo attivo e consapevole nella fruizione culturale.
Questi percorsi dovrebbero mirare a stimolare il coinvolgimento emotivo, la riflessione critica e la condivisione di esperienze, trasformando la fruizione culturale da passiva a partecipativa.
In sintesi, la cultura non deve essere percepita come un bene da consumare, ma come un’opportunità di crescita personale e di connessione con il mondo.
Il futuro del benessere giovanile passa, quindi, attraverso una ridefinizione del ruolo della cultura, orientata non solo all’intrattenimento, ma anche alla costruzione di identità, alla promozione della resilienza e alla valorizzazione del potenziale creativo di ogni individuo.








