cityfood
cityeventi
martedì 18 Novembre 2025

La Camera di Consiglio: Dentro il Maxiprocesso, un’indagine umana.

“La Camera di Consiglio” di Fiorella Infascelli si erge come un’affascinante parallelo, non una mera imitazione, dei classici “La parola ai giurati” di Lumet e della sua trasposizione russa di Mikhalkov.
Pur condividendo l’angusto senso di claustrofobia e la teatralità intrinseca a un’aula di giustizia, il film infascelliano si immerge in un contesto storico e culturale profondamente specifico: il Maxiprocesso di Palermo, quel terremoto giudiziario che scosse le fondamenta della Sicilia negli anni ’80.
Il film si concentra sull’atto finale, il momento cruciale in cui otto giurati – due togati e sei popolari – si ritirarono per deliberare su centinaia di imputati, figure centrali nell’organizzazione mafiosa.
Lungi dall’essere un resoconto fedele e documentaristico, “La Camera di Consiglio” attinge a un nucleo di fatti reali, ma si concede ampi margini di interpretazione e ricostruzione immaginativa, una prassi consolidata nella filmografia della regista.

L’opera, presentata a Roma e ora distribuita nelle sale, non pretende di ripercorrere l’intera saga processuale, ma di sondare l’animo umano, i conflitti etici e le pressioni psicologiche che hanno accompagnato quella decisione storica.

Al centro della narrazione si colloca la dialettica tra due figure magistrali: il Presidente, interpretato da Sergio Rubini, fervente sostenitore di un’applicazione rigorosa del diritto, e il Giudice a latere, Massimo Popolizio, incline a una visione più elastica e interpretativa della giustizia.

Questo confronto non è una semplice disputa formale, ma un’esplorazione profonda delle diverse concezioni di legge e di equità, un dilemma costante: dove tracciare il confine tra “al di là di ogni ragionevole dubbio” e la certezza di una condanna giusta?Le riprese si svolgono all’interno di un bunker appositamente costruito nel carcere dell’Ucciardone, un luogo simbolico di isolamento e di tensione.

Il film ripercorre i trentasei giorni di quella deliberazione, un periodo di trentasei giorni che portò alla condanna di oltre quattrocento imputati, una sentenza che segnò una svolta nella lotta alla criminalità organizzata.

La regista, attraverso le sue note, sottolinea come il film sia una riflessione sulla natura del crimine e sulla sua punizione, un’indagine sui meccanismi che guidano le decisioni umane sotto pressione.

Si tratta di un percorso fatto di paure inconfessabili, di sorprese sconvolgenti, di fragilità umane e di un progressivo consapevolezza del peso della responsabilità.
La possibilità di narrare un processo di tale portata, paragonabile per importanza a Norimberga, concentrandosi unicamente sulla Camera di Consiglio, la fase più intima e segreta, costituisce un’opportunità unica per svelare una storia finora sconosciuta, un atto conclusivo celato all’opinione pubblica.
L’assenza di materiale d’archivio e di flashback stilistiche favorisce un’immersione totale nell’ambiente, elevando l’impianto teatrale a una forma cinematografica originale e potente.
“La Camera di Consiglio” si configura, dunque, non solo come un’opera sul diritto e sulla pena, ma come un racconto universale sulla condizione umana, sulle sue debolezze e sulla sua capacità di resilienza di fronte all’ingiustizia.

- pubblicità -
- Pubblicità -
- pubblicità -
Sitemap