La vertenza siderurgica dell’ex Ilva ha raggiunto un punto di rottura.
I sindacati, dopo un periodo di attesa e di interlocuzioni che non hanno prodotto risultati soddisfacenti, hanno proclamato 24 ore di sciopero, unitamente a numerose assemblee di base, a partire dalla giornata successiva.
La decisione, comunicata dal segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, al termine di un incontro cruciale a Palazzo Chigi, riflette una profonda incertezza trasformata in convinzione: il piano industriale in discussione, se approvato nella sua forma attuale, comporterebbe una progressiva e inesorabile dismissione delle attività produttive, con conseguenze devastanti per l’occupazione e per l’economia del territorio.
La critica principale rivolta alle istituzioni e al governo è la mancanza di una reale volontà di responsabilità e di visione strategica.
Non si tratta semplicemente di un disaccordo sulle modalità di gestione, ma di una profonda divergenza di prospettive.
Il piano industriale, così come presentato, appare insufficiente a garantire la continuità operativa dello stabilimento e a proteggere i diritti dei lavoratori, che versano in una condizione di precarietà e di incertezza sul proprio futuro.
La decisione di scioperare non è stata presa alla leggera.
Rappresenta un atto di difesa di un patrimonio industriale e umano di inestimabile valore, un monito a non sacrificare il bene comune sull’altare di logiche economiche a breve termine.
Lo sciopero, unitamente alle assemblee, mira a sensibilizzare l’opinione pubblica e a sollecitare un intervento urgente e risolutivo da parte delle autorità competenti.
La vicenda dell’ex Ilva solleva questioni cruciali sul ruolo dello Stato nella tutela dell’industria nazionale, sulla necessità di conciliare la competitività economica con la protezione dei lavoratori e sulla responsabilità sociale delle imprese.
Un approccio miope e orientato esclusivamente al profitto rischia di compromettere la coesione sociale e di generare nuove disuguaglianze.
La sfida è quella di trovare un equilibrio sostenibile, che permetta di rilanciare la produzione, di investire in innovazione e di garantire un futuro dignitoso per tutti i lavoratori coinvolti.
Il silenzio e l’inerzia non sono più un’opzione percorribile.
La voce dei lavoratori, attraverso lo sciopero e le assemblee, si fa sentire per rivendicare un diritto: quello di lavorare in sicurezza, con dignità e con la prospettiva di un futuro stabile.
La speranza è che questo atto di protesta possa innescare un cambio di rotta e aprire la strada a una soluzione condivisa e duratura.








