La celiachia, malattia autoimmune innescata dall’ingestione di glutine, sta ridefinendo il suo profilo clinico nel panorama contemporaneo.
Lontana dall’essere una patologia limitata a manifestazioni gastrointestinali classiche, si assiste a un’emergenza di forme atipiche, spesso associate a comorbidità metaboliche quali sovrappeso e obesità, un fenomeno che altera significativamente il quadro diagnostico e terapeutico.
Ricerche condotte presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Novara, con un’analisi retrospettiva dell’evoluzione della malattia in età pediatrica negli ultimi tre decenni, hanno rivelato un aumento preoccupante di pazienti con eccesso ponderale al momento della diagnosi.
Questa tendenza, presentata al congresso ESPGHAN 2023 e pubblicata sulla rivista Nutrients, sottolinea la necessità di un approccio diagnostico più ampio e sensibile, che includa la celiachia nel percorso di valutazione di bambini con problematiche legate al peso, anche in assenza di sintomi gastrointestinali evidenti.
Questa evoluzione clinica non è un mero dato epidemiologico, ma riflette cambiamenti complessi nello stile di vita, nell’alimentazione e nella predisposizione genetica.
La crescente prevalenza di obesità infantile, spesso legata a diete ricche di alimenti processati e carenti di nutrienti essenziali, può alterare la risposta immunitaria e modulare la manifestazione della celiachia.
Parallelamente, l’impegno nella promozione della salute neonatale si concretizza con iniziative mirate a favorire l’allattamento al seno.
Uno studio condotto presso il Punto Nascita di Novara, che ha monitorato oltre 2.400 neonati, ha confermato l’importanza cruciale del contatto pelle a pelle e dell’allattamento precoce.
L’accesso al seno materno entro la prima ora di vita emerge come fattore determinante per l’esclusività dell’allattamento fino al sesto mese, un periodo fondamentale per lo sviluppo del sistema immunitario e l’acquisizione di una corretta flora intestinale.
Questa semplice, ma potente, iniziativa contribuisce a ridurre il rischio di infezioni, allergie e, potenzialmente, a modulare la predisposizione a malattie autoimmuni come la celiachia.
Infine, la ricerca in ambito di medicina interna ha portato alla luce un’innovativa applicazione dell’ecografia compressiva sistematica per la diagnosi precoce del tromboembolismo venoso.
Questa tecnica, applicata a pazienti ricoverati per dispnea o insufficienza respiratoria, ha dimostrato la capacità di identificare trombosi profonda o embolia polmonare che, altrimenti, sarebbero rimaste non diagnosticate, anche in pazienti considerati a basso rischio sulla base dei protocolli clinici standard.
L’ecografia compressiva rappresenta quindi uno strumento diagnostico non invasivo, economico e facilmente accessibile, capace di migliorare sensibilmente la prognosi dei pazienti affetti da questa grave patologia, sottolineando l’importanza di un approccio proattivo e personalizzato nella gestione clinica.







