La vicenda di Olena Stasiuk, la donna accusata dell’omicidio del figlio di nove anni, Giovanni Trame, solleva interrogativi profondi sulla responsabilità, la salute mentale e le dinamiche complesse dell’affidamento minorile.
La decisione del Tribunale civile di Trieste di concedere incontri non protetti tra madre e figlio, che ha tragicamente preceduto il decesso del bambino, è ora oggetto di un’analisi critica e di un esame di coscienza a livello istituzionale.
La perizia medico-psichiatrica, depositata recentemente, costituisce l’elemento cruciale che ha portato a sospendere la custodia cautelare in carcere e a disporre il ricoverro protetto di Stasiuk.
La valutazione psichiatrica, condotta dal dottor Lucio Di Gennaro su incarico del giudice per le indagini preliminari Francesco Antoni, ha evidenziato una condizione di vulnerabilità acuta, caratterizzata da un rischio imminente di autolesionismo.
Il timore primario è che la donna, presa coscienza della gravità irreparabile del gesto compiuto, possa arrivare a compiere un atto estremo.
La diagnosi sommaria, sebbene preliminare, indica un disturbo di personalità con tratti paranoici, una condizione che potrebbe aver compromesso la capacità di Stasiuk di gestire le emozioni, interpretare la realtà e relazionarsi in modo appropriato, specialmente in un contesto delicato come quello dell’affidamento del figlio.
Questo disturbo potrebbe aver contribuito alla distorsione della percezione, all’alterazione del giudizio e, potenzialmente, a un comportamento impulsivo e devastante.
L’interrogatorio di garanzia, fissato per la prossima settimana, rappresenterà un momento cruciale per ricostruire la dinamica degli eventi che hanno portato alla tragedia.
Si cercherà di fare luce sulle motivazioni che hanno spinto la donna a compiere un gesto così efferato, cercando di comprendere se si sia trattato di un atto premeditato o di un impeto di rabbia scatenato da un evento scatenante.
La vicenda solleva anche interrogativi etici e giuridici sul sistema di affidamento minorile.
Quali sono i criteri che devono guidare la concessione di incontri non protetti? Come si può garantire la sicurezza del minore in contesti di potenziali conflitti familiari? È necessario un ripensamento delle procedure e una maggiore attenzione alla valutazione dei rischi, coinvolgendo psicologi, assistenti sociali e neuropsichiatri infantili in un processo decisionale multidisciplinare.
L’accaduto evidenzia la fragilità del sistema e la necessità di un supporto psicologico tempestivo e continuo per le famiglie in difficoltà, al fine di prevenire tragedie simili e di proteggere il benessere dei minori.
Il dolore e la sofferenza di Giovanni Trame, e di chi lo ha amato, devono rappresentare un monito per l’intera comunità, spingendo a una riflessione profonda e a un impegno concreto per la tutela dei diritti dei bambini e delle loro famiglie.








