La recente riapertura del dibattito sull’individuazione di un deposito nazionale per rifiuti radioattivi in Basilicata ha scatenato un’ondata di preoccupazione e rinnovato l’impegno di categorie e movimenti locali.
Fernando Mega, Segretario Generale della CGIL Basilicata, ha espresso con fermezza l’opposizione della sigla sindacale a qualsiasi progetto di questo tipo, sottolineando come l’idea stessa, anche solo ventilata, riaccenda le memorie di una battaglia già combattuta e sentita profondamente nella regione.
La questione non è semplicemente un disaccordo politico, ma una ferita ancora aperta nella coscienza collettiva lucana.
Il ricordo delle quindici giornate di protesta di Scanzano, nel 2003, testimonia la determinazione di un’intera comunità che si è schierata a difesa del proprio territorio.
La CGIL, in prima linea con la società civile, ha incarnato un fronte comune contro un progetto percepito come una forma di sfruttamento.
L’obiezione centrale non riguarda un’astratta opposizione all’energia nucleare, bensì la profonda disuguaglianza che si creerebbe.
La Basilicata, infatti, ha contribuito in maniera significativa alla produzione energetica nazionale, spesso a fronte di benefici economici limitati e un impatto sociale significativo, con promesse di sviluppo che raramente si sono concretizzate in occupazione stabile e di qualità.
Il peso di questa eredità, unita alla fragilità socio-economica di ampie fasce della popolazione, rende inaccettabile l’ulteriore aggravio di un impianto di stoccaggio di rifiuti radioattivi.
L’appello di Mega è rivolto al Governo regionale, guidato da Bardi, affinché assuma un ruolo di rappresentanza e difesa degli interessi della Basilicata nei confronti del Governo centrale.
Non si tratta di un semplice atto formale, ma di un imperImperativo è che la salvaguardare il futuro della ri








