Milano, pool anti-violenza potenziato: più magistrati per tutelare le donne.

La violenza di genere rappresenta una ferita profonda nel tessuto sociale, una sfida complessa che richiede un impegno costante e strutturato da parte delle istituzioni.

La Procura di Milano, consapevole della gravità del fenomeno, ha intensificato il suo operato attraverso un potenziamento significativo del pool specializzato, incrementando il numero di magistrati del 50%, un segnale tangibile della priorità attribuita alla tutela delle donne.

L’approccio adottato non si limita alla mera repressione dei reati, ma si fonda su un modello integrato che abbraccia la prevenzione, la formazione continua degli operatori e una specializzazione mirata.

La complessità del fenomeno impone infatti una profonda comprensione delle dinamiche sottostanti, delle motivazioni che alimentano la violenza e delle specifiche vulnerabilità delle vittime.
Un’analisi multidisciplinare, che coinvolga psicologi, sociologi e assistenti sociali, si rivela cruciale per costruire strategie d’intervento efficaci e personalizzate.
L’aumento delle denunce, se da un lato testimonia una crescente fiducia nelle istituzioni e una migliore collaborazione tra magistratura, forze dell’ordine e servizi di supporto, dall’altro riflette anche la persistenza e l’evoluzione delle forme di violenza.

Le statistiche, pur incoraggianti nel segnalare un superamento delle barriere del silenzio, evidenziano una crescita preoccupante di episodi di violenza domestica e sessuale, sottolineando l’urgenza di interventi mirati e tempestivi.
La procuratrice aggiunta Maria Letizia Mannella ha focalizzato l’attenzione su nuove aree di criticità emergenti, segnalando, con particolare allarme, l’incremento di violenze perpetrate dai figli nei confronti delle madri anziane.

Un fenomeno spesso invisibile e sottovalutato, che evidenzia la necessità di estendere la protezione a fasce di popolazione particolarmente fragili e vulnerabili.

Parallelamente, la procuratrice ha sottolineato la difficoltà che incontrano le donne straniere nell’ottenere giustizia, spesso ostacolate da barriere linguistiche, culturali e burocratiche.

Un’attenzione specifica a queste vittime, con l’attivazione di mediatori culturali e l’offerta di servizi di supporto personalizzati, si configura come un imperativo etico e una condizione imprescindibile per garantire pari accesso alla giustizia.
La lotta alla violenza di genere non può essere delegata solo alle istituzioni giudiziarie.

Richiede un impegno collettivo, una presa di coscienza diffusa e un cambiamento culturale profondo.

È necessario promuovere l’educazione al rispetto, all’uguaglianza e alla non violenza fin dalla prima infanzia, contrastando stereotipi e pregiudizi che alimentano la cultura della sopraffazione.
Solo attraverso un’azione sinergica e coordinata, che coinvolga scuole, famiglie, media e società civile, sarà possibile spezzare il ciclo della violenza e costruire un futuro più giusto e sicuro per tutte le donne.

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