Il 25 novembre, data simbolo nella lotta contro la violenza sulle donne, non si configura come una mera celebrazione, ma come un’occasione cruciale per un’analisi approfondita delle strutture culturali che perpetuano questo gravissimo fenomeno.
Le parole di Andrea Biancani, Sindaco di Pesaro, pronunciate durante l’iniziativa “Insieme per rompere il silenzio,” promossa dalla Prefettura e dal Consiglio comunale, delineano un quadro complesso e richiedono un impegno trasformativo a più livelli.
La violenza, come correttamente sottolineato, trascende la dimensione puramente fisica.
Si manifesta in forme subdole e pervasive: manipolazione economica, coercizione psicologica, svalutazione culturale, tutte modalità che contribuiscono a creare un ambiente di controllo e oppressione.
Ridurre la violenza a una questione privata significa negare la sua natura sistemica e impedire la costruzione di strategie di contrasto efficaci.
Essa è intrinsecamente politica, poiché riflette e riproduce dinamiche di potere diseguali, radicate in stereotipi di genere e in una visione patriarcale della società.
I dati forniti dall’Ambito territoriale sociale 1, che rilevano un aumento costante degli accessi ai servizi di supporto, offrono una prospettiva ambivalente.
Da un lato, segnalano l’intensificarsi del problema, testimoniando una realtà dolorosa e ineludibile.
Dall’altro, indicano una crescente consapevolezza da parte delle donne, che, grazie anche al passaparola e alla diffusione di informazioni, riescono sempre più a riconoscere i segnali di allarme e a cercare aiuto.
Questo dato positivo, tuttavia, non deve indurre a compiacenza, ma rafforzare l’urgenza di un’azione concertata e mirata.
La trasformazione culturale richiesta non si limita alla protezione delle vittime, ma implica un ripensamento profondo dei valori e delle norme sociali.
L’educazione, fin dalla prima infanzia, deve promuovere l’uguaglianza di genere, il rispetto delle differenze e la decostruzione di stereotipi dannosi.
La prevenzione, attraverso campagne di sensibilizzazione e interventi mirati, deve rivolgersi a tutti, uomini e donne, incoraggiando un cambiamento di mentalità e comportamenti.
La formazione, rivolta a professionisti del settore (forze dell’ordine, operatori sanitari, educatori), deve garantire una risposta adeguata e tempestiva alle vittime.
Al di là degli interventi emergenziali, è fondamentale promuovere l’autonomia economica delle donne, garantendo pari opportunità di accesso al lavoro, alla formazione e alla partecipazione politica.
L’emancipazione economica, infatti, rappresenta uno strumento cruciale per la liberazione dalla dipendenza e per la costruzione di un futuro indipendente.
In un’epoca dominata dalla tecnologia e dalla cultura digitale, è altresì essenziale assicurare alle donne la piena partecipazione a questi ambiti, contrastando il digital gender gap e promuovendo l’alfabetizzazione informatica.
Solo attraverso un approccio olistico e multidisciplinare sarà possibile sradicare le radici profonde della violenza e costruire una società veramente giusta ed equa.








