Binoche a Torino: arte, donne e un viaggio interiore

Juliette Binoche, l’immagine evocativa di Vianne Rocher, la cioccolatiera capace di scuotere le fondamenta di una comunità con la dolcezza di un peccato, si è presentata al Torino Film Festival non solo per celebrare il suo debutto alla regia con “In-I in Motion”, ma anche per affrontare temi cruciali, illuminando il suo percorso artistico e personale.
La Stella della Mole, un riconoscimento prestigioso, ha fatto da eco alle sue riflessioni sulla complessa dinamica uomo-donna, in un giorno dedicato alla lotta contro la violenza sulle donne.
Le parole dell’attrice premio Oscar risuonano con profonda indignazione per le drammatiche restrizioni imposte alle donne in paesi come l’Afghanistan, il Congo e l’Iran, un dovere morale che impone una denuncia pubblica.
Binoche, cresciuta sotto l’ala protettiva di una madre forte e femminista, ha confessato di aver nutrito, in passato, un’illusoria ricerca di una figura maschile salvifica, un’aspettativa disattesa dall’esperienza stessa della vita.

L’auspicio si sposta verso una connessione più profonda, un incontro spirituale dove l’apprezzamento reciproco e la condivisione trascendano le convenzioni.

“In-I in Motion” segna un ritorno alle origini, un’immersione nel mondo del teatro, rivivendo l’esperienza intensa della performance coreografica del 2008, un percorso che l’ha portata ad abbandonare temporaneamente il cinema per esplorare la danza contemporanea accanto ad Akram Khan. La suggestiva scenografia di Anish Kapoor amplifica la potenza visiva dell’opera.
L’impulso a realizzare questo progetto, ha rivelato Binoche, è nato dall’incoraggiamento di Robert Redford, un mentore che ha saputo spingerla a superare i propri limiti.
La danza, disciplina che fonde la fatica fisica con l’esplorazione emotiva, mette a dura prova il corpo e la mente, spingendo l’interprete al limite della resistenza.

Tuttavia, la fede in un ideale, unita alla consapevolezza delle proprie ombre, può dare l’energia per superare ogni ostacolo.
Per Binoche, l’arte vera è quella capace di innescare una trasformazione interiore.
Un esempio lampante è “La Giovanna d’Arco” di Dreyer, un’opera che l’ha profondamente scossa e estasiata, rivelando la potenza del cinema nel toccare l’anima.
La recitazione di scene di intimità rappresenta una sfida complessa, poiché richiede la rappresentazione e il controllo di desideri profondi.

Pur con l’introduzione dell’intimacy coordinator, sussiste il rischio di distorsioni o utilizzi impropri.

L’attrice auspica un processo più partecipativo, dove gli attori abbiano il potere di esprimere il proprio consenso e modificare le scene girate.
Il percorso formativo di Binoche è stato segnato da esperienze contrastanti.
La vita stessa, a volte, ha assunto il ruolo di regista, condizionando il suo cammino.
La famiglia, pur tormentata da un divorzio precoce e da un periodo in collegio, ha trasmesso un amore profondo per l’arte, un valore inestimabile.
La madre, Monique Yvette Stalens, figura intellettuale e artista, le ha instillato il coraggio della sincerità e l’importanza di affermare le proprie opinioni senza timore, un insegnamento che continua a guidare la sua vita e la sua carriera.

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