L’emergenza violenza contro le donne in Italia si configura come una ferita aperta nel tessuto sociale, un dramma statistico che trascende la mera quantificazione.
I dati Istat, pur nella loro cruda eloquenza, rappresentano solo la punta dell’iceberg di un fenomeno pervasivo e profondamente radicato, che colpisce una percentuale allarmante di donne: più di sei milioni, una donna ogni tre, si sono trovate a confrontarsi con aggressioni fisiche o manipolazioni psicologiche.
L’azione simbolica di europarlamentari come Matteo Ricci e Pierfrancesco Maran, con il flash mob organizzato a Strasburgo durante la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, sottolinea l’urgenza di un approccio globale e transnazionale.
La denuncia non è semplicemente un dato da analizzare, ma un grido d’aiuto che risuona nelle aule giudiziarie, nelle case e nelle strade.
Il cambiamento necessario non può limitarsi a interventi superficiali o misure repressive, ma deve implicare una trasformazione profonda a livello culturale e sociale.
La prevenzione, cruciale, deve andare oltre l’educazione civica e l’informazione, toccando le radici stesse delle dinamiche di potere e dei modelli comportamentali che alimentano la violenza.
È imperativo interrogarsi sulle narrazioni dominanti, sui ruoli di genere interiorizzati fin dall’infanzia, sulle aspettative sociali che contribuiscono a creare un clima di disuguaglianza e sottomissione.
L’educazione, in questo senso, deve essere intesa come un percorso di consapevolezza e di decostruzione, che promuova il rispetto, l’empatia e la parità.
Le istituzioni hanno un ruolo primario, non solo nell’applicazione della legge, ma anche nella promozione di politiche di sostegno alle vittime, nella formazione del personale delle forze dell’ordine e nella sensibilizzazione dell’opinione pubblica.
Il coinvolgimento della scuola è fondamentale per educare le nuove generazioni a relazioni sane e paritarie, basate sul consenso e sulla responsabilità.
Le comunità locali devono creare reti di supporto e di ascolto, offrendo rifugio e assistenza alle donne che subiscono violenza.
La Giornata del 25 novembre non può essere relegata a una celebrazione formale, ma deve costituire un momento di riflessione collettiva e di rinnovato impegno.
È un’occasione per ribadire che l’eliminazione della violenza contro le donne è una responsabilità condivisa, che richiede un’azione costante, coordinata e partecipata da tutti gli attori sociali.
La vera sfida è costruire una società in cui le donne possano vivere libere dalla paura, dalla discriminazione e dalla violenza, una società fondata sulla giustizia, l’uguaglianza e il rispetto dei diritti umani.








