Riforma Magistratura: Docenti Contrari, Pessimismo e Autonomia a Rischio

Un significativo gruppo di docenti universitari di Diritto Penale, composto da circa quaranta esperti provenienti da diverse sedi accademiche italiane, ha recentemente espresso una forte dissenso nei confronti della proposta di riforma della magistratura, rilasciando un documento di approfondimento che contrasta apertamente le posizioni favorevoli avanzate dall’Associazione Studiosi Processo Penale Gian Domenico Pisapia.
Tra i promotori e firmatari del documento spiccano nomi di rilievo nel panorama giuridico, quali Mitja Gialuz, ordinario a Genova, affiancato da Roberto Kostoris, Francesco Caprioli e Serena Quattrocolo, figure di riferimento nel dibattito sulla giustizia penale.
Il fulcro della contestazione si concentra sulla presunta ineluttabilità di un legame diretto tra la struttura del processo penale e l’organizzazione delle carriere magistratali.
I firmatari, richiamando l’esperienza di sistemi giuridici caratterizzati da una forte impronta accusatoria, evidenziano come, in tali contesti, le traiettorie formative e professionali di magistrati inquirenti, difensori e giudici possano convergere, consolidando una cultura giuridica condivisa.
La riforma proposta, con la sua logica di separazione, appare quindi non solo superflua per garantire un giusto processo, ma potenzialmente dannosa per affrontare le criticità che affliggono il sistema giudiziario italiano, primariamente la cronica lunghezza dei tempi processuali.
La preoccupazione principale dei docenti verte sul rischio di una trasformazione profonda del ruolo del pubblico ministero.
Si teme che una maggiore enfasi sulle prerogative di iniziativa e repressione possa erodere le garanzie fondamentali riconosciute agli indagati e agli imputati, in particolare quelli appartenenti a fasce economicamente svantaggiate.

L’accentuazione del potere del PM, senza un adeguato sistema di controlli e bilanciamenti, potrebbe compromettere l’equità del processo e favorire decisioni affrettate o influenzate da fattori esterni.
Inoltre, il documento critica aspramente la riorganizzazione del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), con particolare riferimento allo sdoppiamento delle componenti e all’introduzione del sorteggio puro per l’elezione dei rappresentanti togati.
Questa modifica, a loro avviso, potrebbe erodere l’autonomia e l’indipendenza non solo dei magistrati inquirenti, ma soprattutto dei giudici, privandoli di un contributo essenziale di esperienza e competenza nella gestione delle dinamiche interne all’organico giudiziario.

La perdita di questa voce autorevole potrebbe compromettere la capacità del CSM di garantire un’amministrazione della giustizia improntata all’imparzialità e all’equità.

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