Judo: l’IJF riapre le porte agli atleti russi, rottura con il CIO.

La Federazione Internazionale Judo (IJF) ha segnato un punto di svolta nel panorama sportivo internazionale, inaugurando un percorso di riammissione degli atleti russi alle competizioni, con la riaffermazione di simboli nazionali come inno e bandiera.
Questa decisione, in aperto contrasto con le linee guida iniziali del Comitato Olimpico Internazionale (CIO) e delle altre federazioni sportive globali, segna una rottura significativa nel quadro di restrizioni imposte in seguito all’invasione russa dell’Ucraina.
La misura, che entrerà in vigore a partire dal Grand Slam di Abu Dhabi, riapre le porte alle competizioni per i judoka russi, che avevano visto il loro accesso all’agonismo internazionale drasticamente limitato.

Il gesto va oltre la semplice partecipazione; restituisce agli atleti un’identità visibile, un riconoscimento della loro nazionalità che era stata precedentemente negata.

La decisione dell’IJF si colloca in un contesto complesso e stratificato.

Ricordiamo che già nel 2022, la stessa federazione aveva provveduto a revocare a Vladimir Putin la carica di presidente onorario, un atto che, pur segnalando una distanza formale, non aveva impedito la persistenza delle restrizioni competitive.
Ora, l’esecutivo dell’IJF, attraverso una votazione formale, ha optato per un approccio più radicale, rimettendo in discussione le direttive precedentemente stabilite.
L’implicazione di questa scelta va al di là del singolo sport del judo.
Potrebbe aprire un precedente per altre federazioni, che potrebbero rivalutare la rigidità delle sanzioni imposte agli atleti russi, innescando un dibattito più ampio sulla neutralità, la responsabilità individuale e il ruolo dello sport in un contesto geopolitico teso.
La questione solleva interrogativi cruciali: fino a che punto lo sport dovrebbe essere uno strumento di pressione politica? Qual è il giusto equilibrio tra la necessità di condannare l’aggressione militare e il diritto degli atleti di competere?La decisione dell’IJF non è esente da critiche.

Alcuni la vedono come un segno di cedimento alla pressione politica, altri temono che possa essere interpretata come una minimizzazione dell’impatto devastante della guerra in Ucraina.
Tuttavia, i sostenitori della decisione argomentano che lo sport dovrebbe rimanere un ponte tra le culture, un luogo di incontro e di competizione leale, anche in tempi di conflitto.

L’Abu Dhabi Grand Slam, pertanto, si preannuncia come un evento carico di significato, un banco di prova per il futuro delle relazioni sportive internazionali e un focolaio di riflessioni etiche e politiche.

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