Residenza fittizia e truffa: sei denunce a Moggio Udinese

L’inchiesta scaturita dall’attività dei Carabinieri di Moggio Udinese ha portato alla denuncia, in stato di libertà, di sei individui, tra cui figure precedentemente coinvolte nell’amministrazione comunale e dipendenti, al culmine di un’indagine complessa che si è protratta per quasi un anno.

Al centro delle accuse vi è un presunto sistema di falsificazione di atti pubblici, finalizzato alla concessione irregolare della residenza anagrafica a un numero significativo di cittadini brasiliani, ottantaquattro in totale, nel periodo compreso tra il 2018 e il 2024.
Questi individui, presentati come discendenti di italiani, avrebbero, secondo le indagini, omesso di stabilire una residenza effettiva nel piccolo centro della Valcanale, un elemento cruciale per l’acquisizione della cittadinanza.

Il presunto schema fraudolento si articola attorno a una procedura che, aggirando le complesse e spesso lunghe pratiche consolari brasiliane, ha permesso ai cittadini brasiliani di accedere rapidamente alla cittadinanza *ius sanguinis*.

Successivamente, molti di questi, beneficiando dello status di cittadini italiani, hanno nuovamente trasferito la propria residenza all’estero, dimostrando una transitorietà di legame con il territorio italiano.

Un ulteriore elemento di anomalia risiede nell’apparente disinteresse di alcuni, nel rispondere alla successiva corrispondenza elettorale inviata dal Comune, una circostanza che solleva interrogativi sulla reale volontà di stabilirsi in Italia.
L’architettura di questa presunta truffa ruota attorno alla figura di due intermediari chiave: una donna albanese di sessantuno anni e un uomo brasiliano di cinquantaquattro anni, entrambi residenti in provincia di Vicenza.
Questi individui, secondo le accuse, avrebbero orchestrato un’organizzazione capace di fornire contratti di locazione fittizi, documenti contraffatti e assistenza logistica per brevi soggiorni in Italia.

In alcuni casi, a un costo aggiuntivo, avrebbero addirittura gestito le pratiche in assenza degli interessati, sfruttando la collaborazione di alcuni dipendenti comunali, probabilmente resi complici da incentivi economici.
La sofisticazione del sistema si riflette anche nella dimensione economica dell’operazione.
Ogni pratica, presumibilmente, generava un introito di circa seimila euro, accumulando un giro d’affari stimato in oltre cinquecentomila euro, denaro trasferito su conti bancari situati all’estero, rendendo più ardua la tracciabilità dei flussi finanziari.
L’indagine non si limita quindi ad un episodio di corruzione, ma apre un dibattito più ampio sulle vulnerabilità dei processi di acquisizione della cittadinanza, sollevando interrogativi sulla necessità di rafforzare i controlli e di garantire una maggiore trasparenza nelle procedure amministrative, per prevenire abusi e tutelare l’integrità del sistema legale.
L’impatto di questa vicenda si estende alla sfera della sicurezza nazionale e dell’identità italiana, richiedendo una riflessione approfondita sulle implicazioni di una gestione disinvolta dei diritti di cittadinanza.

- pubblicità -
- Pubblicità -
- pubblicità -
Sitemap