Il recente rapporto sulla vivibilità delle province italiane, condotto dal Sole 24 Ore, proietta un quadro complesso e a tratti preoccupante per la Sicilia, relegando i suoi capoluoghi in posizioni di coda nella classifica nazionale.
Un’analisi dettagliata rivela non solo una generalizzata difficoltà, ma anche marcate disparità interne alla regione, evidenziando fragilità strutturali e specifiche aree di vulnerabilità.
L’elenco dei capoluoghi siciliani si snoda, in gran parte, nelle ultime posizioni: Ragusa si posiziona all’82° posto, seguita da Enna (87°), Messina (91°), Trapani (93°), Agrigento (95°), Catania (96°), Palermo (97°), Caltanissetta (103°), Siracusa (105°), e infine Reggio Calabria, ultima in graduatoria (106°).
Queste posizioni non sono semplici numeri, ma il riflesso di una serie di criticità che affliggono la regione in termini di servizi, opportunità e qualità della vita percepita.
Un’indagine più approfondita svela come la situazione sia tutt’altro che omogenea.
Enna, pur eccellendo in settori cruciali come la giustizia e la sicurezza (9° posto nazionale), si dibatte con un elevato indice di criminalità (103°), un paradosso che indica una potenziale inefficienza delle misure di prevenzione e repressione.
Palermo, città di grande importanza storica e culturale, si confronta con una marcata disuguaglianza economica (89° posto per ricchezza e consumi) e una drammatica carenza di servizi ambientali, culminando nell’essere ultima per raccolta differenziata.
Catania, pur presentando un discreto risultato in ambito ambientale (94° posto), si rivela debole in termini di gestione amministrativa (ultima posizione), un fattore che incide negativamente sulla fiducia dei cittadini e sulla capacità di sviluppo del territorio.
Siracusa, pur godendo di un clima privilegiato (seconda per ore di sole) e di una posizione geografica strategica, è afflitta da problemi strutturali, come dimostra la drammatica posizione ultima per trend del PIL pro capite.
Allo stesso modo, Trapani, sebbene ottenga risultati positivi in termini di sicurezza, si confronta con una difficile situazione per la popolazione anziana (107° posto), mentre Caltanissetta mostra carenze significative in ambito sociale e culturale.
Particolarmente allarmanti sono i risultati di Ragusa, ultima per l’abbandono scolastico precoce, un indicatore che riflette un fallimento nel garantire a tutti i giovani l’accesso a un’istruzione di qualità.
La sfida è complessa e multidimensionale, richiedendo interventi mirati e coordinati che vadano oltre le semplici politiche di welfare, affrontando le cause profonde della marginalizzazione sociale e della disuguaglianza delle opportunità.
In definitiva, il quadro che emerge è quello di una regione che, pur possedendo un patrimonio culturale e naturale inestimabile, si scontra con difficoltà strutturali che ne limitano il potenziale di sviluppo e compromettono il benessere dei suoi abitanti.
Un cambio di paradigma, basato su investimenti strategici, innovazione, governance efficiente e partecipazione attiva dei cittadini, si rende non solo auspicabile, ma imprescindibile per invertire la tendenza e costruire un futuro più prospero e inclusivo per la Sicilia.






