A distanza di diciotto anni, il velo del tempo non riesce a lenire il lacerante dolore e la rabbia che ancora attanagliano le famiglie delle sette vittime del tragico incendio che devastò lo stabilimento ThyssenKrupp di Torino nella notte del 6 dicembre 2007.
La commemorazione, tenutasi al memoriale nel Cimitero Monumentale, ha visto protagonisti i familiari, uniti in un silenzioso e potente abbraccio, amplificato dalle parole intense di Laura Rodinò, sorella di una delle vittime.
Un intervento che ha evitato formali discorsi, preferendo l’eloquenza del puro sentimento, invitando la platea a contemplare i volti segnati da un lutto ancora vivo.
Le sue parole, un fiume inarrestabile di amarezza e indignazione, si sono concentrate sulla gravità delle responsabilità e sulla persistente assenza di giustizia.
“Assassini ancora liberi” ha denunciato, esprimendo un desiderio di vendetta che, pur nella sua durezza, riflette l’insostenibile peso del lutto e la profonda ferita inferta alla coscienza collettiva.
Un augurio estremo, rivolto a coloro che hanno causato la morte dei loro cari, che evidenzia la disperazione e l’implorazione di una riparazione che appare irraggiungibile.
L’appello di Laura Rodinò trascende la mera denuncia: è un monito, un imperativo morale rivolto ai datori di lavoro, un invito a interiorizzare la sicurezza come valore imprescindibile, un diritto inalienabile di ogni lavoratore.
La prevenzione, la formazione, l’applicazione rigorosa delle normative – questi i pilastri di una cultura della sicurezza che deve permeare ogni livello aziendale, trasformando il rischio in opportunità di miglioramento continuo.
Il Sindaco Stefano Lo Russo ha ripreso il tema della prevenzione, elevando le vittime a simbolo di un’Italia esemplare, incarnazione di valori come il senso del dovere, il sacrificio e l’amore per la famiglia.
La tragedia, definita come frutto di “incuria” e “incapacità di comprendere il primato della vita”, rappresenta una profonda riflessione sulla deriva etica e prioritaria della società contemporanea, troppo spesso accecata dalla ricerca del profitto e dalla performance a discapito della dignità umana.
È necessario, quindi, recuperare quel senso perduto, trasformare la memoria delle vittime in un impegno concreto e collettivo, un’azione che si traduca in politiche più stringenti e in una maggiore consapevolezza dei rischi.
La cultura della sicurezza non è solo un insieme di regole e controlli, ma un cambiamento di mentalità, un investimento nel futuro, un atto di rispetto verso coloro che hanno perso la vita in nome di un sistema che non li ha tutelati adeguatamente.
La loro memoria deve essere il motore di un cambiamento radicale, un monito costante affinché simili tragedie non si ripetano mai più.






