Monastero di Santa Veronica: un dono di fede e serenità.

Il profumo avvolge, una brezza soave che si insinua tra le pietre, un’essenza di terra, di sole, di silenzio.
Il monastero di clausura di Santa Veronica Giuliani, un’isola sospesa nel tempo, si erge a Città di Castello, non solo edificio, ma esperienza.

Un piccolo scrigno dove la spiritualità si fa tangibile, non un gesto, ma un’eco di devozione che si manifesta in un’abbondanza inaspettata: un cesto generoso di uva, rigogliosa di promesse, accanto a cachi maturi, offerti con un’umiltà che disarma.

Per secoli, questi frutti rappresentano una finestra aperta, non sul paesaggio circostante, ma sul cuore di una comunità monastica che ha scelto l’abbandono del mondo, il distacco dai clamori, per dedicarsi alla preghiera e alla contemplazione.

La ruota, immobile testimone di un’epoca, era il legame minimo con il divenire del tempo, un punto di congiunzione tra l’interno e l’esterno, tra la quiete del convento e il fluire incessante della storia.

Quattro secoli di fede, di oblio del mondo, di dedizione alla trascendenza si condensano in questa semplice immagine, un dono che va oltre il nutrimento fisico, un nutrimento dell’anima.

Non solo una finestra, ma uno specchio.

Riflette la dedizione silenziosa, il lavoro instancabile, la preghiera che sale al cielo e la grazia che scende.

Un atto di accoglienza, un gesto di comunione che estende la mano, abbattendo le barriere del distanziamento, superando il limite di un mondo dimenticato.
Questo non è semplicemente un gesto di generosità.

È un simbolo.

Un simbolo di speranza, di fede, di resilienza.

Un promemoria tangibile della connessione profonda che lega l’umano al divino, un’armonia che si manifesta nella semplicità di un frutto offerto a chi passa, senza pretese, senza clamore.
Un dono che parla di pace interiore, di serenità, di bellezza.
Un invito ad aprirsi a ciò che è essenziale.

E in questo gesto si cela un messaggio universale.

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