Il calcio, specchio e amplificatore delle tensioni sociali, non poté rimanere impermeabile alle turbolenze del ’68.
Mentre il mondo si interrogava su diritti, libertà e giustizia, anche il pallone italiano, allora, subì un’inattesa scossa, un’onda che portò alla ribalta figure chiave e segnò un punto di svolta nella sua storia.
Sergio Campana, affiancato da icone come Gianni Rivera, Sandro Mazzola e Giacomo Bulgarelli, incarnò questo cambiamento, guidando la nascita del sindacato italiano dei giocatori.
L’atto fondativo di quell’associazione non fu una semplice procedura burocratica, ma un vero e proprio atto di sfida.
Campana riuscì nell’impresa ardua di superare divisioni storiche, rivalità campanilistiche e logiche di potere che tradizionalmente dividevano il mondo del calcio.
Riunire, sotto un unico tetto, figure così diverse, significava riconoscere un’identità comune, una dignità da difendere, un diritto al rispetto che fino ad allora era stato negato.
La nascita dell’AIC (Associazione Italiana Calciatori) fu dunque il preludio a una stagione di rivendicazioni, un’affermazione di diritti che si sarebbero poi tradotti in miglioramenti concreti per i calciatori: contratti più equi, condizioni di lavoro più dignitose, tutela contro ingiustizie arbitrali e pressioni eccessive.
Campana, con la sua leadership ferma e il suo approccio pragmatico, seppe navigare in acque agitate, affrontando resistenze e compromessi senza mai rinnegare i principi fondanti del sindacato.
La sua quarantennale presidenza, dal 1968 al 2011, rappresenta un’epoca cruciale per la crescita professionale e personale dei calciatori italiani.
Un percorso costellato di battaglie, a volte aspre, ma sempre animate da un profondo senso di giustizia.
Franco Carraro, suo storico interlocutore nella FIGC, ne riconosce l’importanza: senza Campana, il panorama calcistico odierno sarebbe drasticamente diverso.
Campana fu un uomo che trascende il suo tempo, un pioniere che seppe anticipare le esigenze di una categoria spesso dimenticata, un leader che coniugò la passione per il calcio con l’impegno sociale.
La sua eredità è tangibile: il calcio moderno, con la sua crescente professionalità e sensibilità verso i diritti dei lavoratori, deve molto al suo coraggio e alla sua visione.
La sua scomparsa ci invita a riscoprire e valorizzare il contributo di questo personaggio chiave nella storia del calcio italiano, un uomo che, con la forza delle sue idee, ha cambiato per sempre il gioco.