20 marzo 2025 – 13:45
La scomparsa di Marileno Fusetti, ex campione della Juventus morto in condizioni misere e abbandonato all’obitorio per un intero mese senza che nessun familiare reclamasse il suo corpo, ci spinge a riflettere sull’effimera natura della fama sportiva dei campioni del passato. Fusetti non è un caso isolato; numerosi nomi illustri hanno subito la stessa sorte, finendo nel dimenticatoio. Questi campioni brillavano come stelle nei cieli dello sport, illuminando stadi e palazzetti con la loro luce accecante prima di precipitare nell’oscurità dell’oblio, consumati dalle proprie fiamme. Le loro vite sono degne di essere raccontate non per voyeurismo morboso, ma per comprendere la fragilità del confine tra immortalità sportiva e mortalità umana.Cleto Locatelli incarnava la poesia in movimento sul ring; Carlo Petrini faceva tremare i portieri della Serie A; George Best dominava i campi da calcio negli anni ’60 guadagnandosi il soprannome di “quinto Beatle”; Garrincha era la gioia del popolo brasiliano; Paul Gascoigne rappresentava l’anima più autentica del calcio britannico. Questi atleti hanno raggiunto vette straordinarie nelle loro carriere, ma hanno anche conosciuto l’ombra dell’oblio e della caduta. Le loro vicende ci ricordano che dietro ogni leggenda sportiva si cela un essere umano con tutte le sue fragilità e contraddizioni.È importante preservare e tramandare le storie di questi campioni non solo per celebrarne i successi, ma anche per onorarne la memoria e imparare dalle lezioni che le loro vite possono insegnarci. La grandezza sportiva non è immune alla precarietà umana; essa si nutre delle passioni, dei sacrifici e delle debolezze degli uomini e delle donne che la incarnano. In un mondo che spesso idolatra gli eroi solo in vita, è fondamentale ricordare che dietro ai trionfi c’è sempre una vulnerabilità condivisa da tutti noi esseri umani.
