Nell’atmosfera solenne della celebrazione eucaristica, durante l’ordinazione di undici nuovi sacerdoti per la diocesi di Roma, il Pontefice ha rivolto un appello pressante, un’esortazione a una trasparenza radicale, a un’apertura totale della vita sacerdotale.
Non si tratta semplicemente di condurre una vita “corretta”, ma di presentarsi come un libro aperto, leggibile nella sua interezza, un percorso di fede tracciato con chiarezza, affinché possa essere fonte di ispirazione e fiducia per il popolo di Dio.
La Chiesa, custode di una fede millenaria, si ritrova oggi a navigare in acque agitate, segnata da ferite profonde, conseguenza di fragilità umane e di errori che ne hanno intaccato la credibilità.
La ricostruzione di questa fiducia, fondamentale per la sua missione evangelizzatrice, non può avvenire attraverso proclami o promesse vuote, ma attraverso un cambiamento profondo e autentico nel modo di essere e di agire dei suoi ministri.
Il sacerdote, in particolare, è chiamato a incarnare questo cambiamento, a diventare testimone tangibile di un amore che trascende i limiti umani, un amore che lo libera dalle logiche del potere e dell’interesse personale.
Questa libertà, paradossalmente, è il presupposto per poter donare veramente, per poter essere un punto di riferimento per chi soffre e cerca una risposta alle domande fondamentali dell’esistenza.
Il Papa ha sottolineato con forza l’essenza di questa libertà: “Liberare, non possedere”.
Un invito a superare l’attaccamento a beni materiali, a riconoscimenti mondani, persino alle proprie opinioni, per accogliere pienamente la forza trasformatrice dell’amore di Cristo.
Questo amore non è un’imposizione, ma un’infezione benigna che purifica, che libera dalle catene dell’egoismo e spinge a una dedizione totale al servizio degli altri.
La credibilità della Chiesa non è un dato acquisito, ma un dono che va riconquistato ogni giorno, attraverso la coerenza tra annuncio e vita, attraverso l’umiltà e la disponibilità a mettersi in ascolto delle sofferenze del mondo.
I nuovi sacerdoti, chiamati ad affrontare questa sfida, sono invitati a essere costruttori di ponti, a dialogare con chi si sente escluso, a testimoniare la misericordia di Dio anche in contesti difficili e dolorosi.
La loro testimonianza, autentica e trasparente, è un segno di speranza per un’umanità ferita, per una creazione che anela alla rigenerazione, per una Chiesa che desidera ritrovare la sua piena fidenza nel cuore dei fedeli.