La comunità tarantina si trova di fronte a una sfida cruciale, un bivio che incide profondamente sul suo futuro e sulla sua identità.
L’imminente rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) per l’ex Ilva, imposto dal governo centrale, rappresenta, a detta delle voci locali, un’ulteriore capitolazione di fronte a interessi economici superiori al bene comune e al diritto alla salute dei cittadini.
Il provvedimento, ignorando apertamente il coro di dissenso proveniente dagli organi di rappresentanza del territorio – sindaco di Taranto, sindaco di Statte, presidente della Provincia, presidente della Regione Puglia – solleva interrogativi profondi sulla natura stessa del processo decisionale e sulla capacità di un potere centralizzato di comprendere le specificità e le urgenze di una realtà locale così fragile e complessa.
L’AIA, così come formulata, non si configura come un mero atto amministrativo, ma come la legittimazione di un modello industriale obsoleto e insostenibile, che per decenni ha scaricato sul territorio tarantino un fardello di contaminazione ambientale e di impoverimento sociale.
La prospettiva di una ripresa produttiva a qualsiasi costo, sacrificando la qualità dell’aria, la disponibilità di acqua potabile e la fertilità dei terreni, appare come una visione miope e irresponsabile, incapace di cogliere le implicazioni a lungo termine per le generazioni future.
Il movimento “Giustizia per Taranto” denuncia con forza questa situazione, definendo la decisione governativa una “forzatura inaccettabile” e un atto di ingiustizia verso una popolazione che ha già pagato un prezzo troppo alto.
L’organizzazione ha indetto un sit-in di protesta, un segnale tangibile del malcontento diffuso e della volontà di non restare passivi di fronte a un destino imposto dall’alto.
L’azione immediata, il sit-in, è solo il primo passo di un percorso che mira a contestare legalmente e politicamente la decisione governativa.
La possibilità di ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR), supportata dalla posizione ufficialmente contraria degli enti locali, offre un’ancora di speranza, ma non deve essere considerata una soluzione definitiva.
Altrettanto cruciale si preannuncia la discussione in consiglio comunale sull’accordo di programma, un momento decisivo che richiede una coesione e una preparazione collettiva.
L’appello all’unità e alla determinazione è un riconoscimento della necessità di superare divisioni e personalismi per affrontare con successo una sfida che coinvolge l’intera comunità.
La questione non si esaurisce in termini meramente ambientali o economici.
Si tratta di un problema di giustizia sociale, di dignità umana, di diritto a un futuro sano e prospero per le persone che vivono a Taranto.
La resistenza popolare, la contestazione pacifica e la lotta legale rappresentano gli strumenti a disposizione per rivendicare questo diritto e per costruire un futuro diverso, un futuro in cui il benessere della comunità sia al centro di ogni decisione.
Il futuro di Taranto è nelle mani dei suoi cittadini, e la loro voce, se unita e determinata, può ancora cambiare le cose.