La Procura di Foggia, nell’ambito di un procedimento per resistenza a pubblico ufficiale, ha presentato una memoria al Tribunale affinché sollevasse questione di legittimità costituzionale in relazione a due disposizioni del decreto-sicurezza (d.l. n. 48/2025) che hanno introdotto nuove circostanze aggravanti applicabili al caso in discussione.Si tratta di una delle prime memorie con le quali un pubblico ministero ha rilevato dubbi di legittimità costituzionale sul decreto-sicurezza. Il giudice si è riservato sulla questione, rinviando all’udienza che si terrà il 17 giugno 2025.Il caso oggetto del giudizio riguarda alcuni imputati accusati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali nei confronti di due agenti di polizia giudiziaria/di pubblica sicurezza operanti nel compartimento di polizia ferroviaria presso la stazione di Foggia. Il pubblico ministero contestava pertanto due nuove circostanze aggravanti introdotte dagli artt. 11 co. 1 e 19 co. 1, lett. b), del decreto legge 11 aprile 2025, n. 48.La prima circostanza aggravante è stata introdotta dall’art. 61 n. 11 decies, che prevede l’aggravamento della pena in caso di lesioni commesse all’interno o nelle immediate adiacenze delle stazioni ferroviarie e delle metropolitane o all’interno dei convogli adibiti al trasporto di passeggeri. La seconda circostanza aggravante è stata introdotta dall’art. 337 co 3, che prevede l’aggravamento della pena in caso di resistenza a pubblico ufficiale posta in essere per opporsi a un ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza mentre compie un atto di ufficio.La Procura di Foggia rileva che tali innovazioni normative non rispondono a canoni di ragionevolezza e coerenza, creando disparità di trattamento per fatti analoghi. In particolare, la introduzione delle aggravanti tramite decreto-legge avrebbe compresso le prerogative del Parlamento nel processo di definizione delle scelte di criminalizzazione, compromettendo al contempo la conoscibilità delle norme da parte dei cittadini per l’assenza di un adeguato periodo di vacatio legis.In secondo luogo, la Procura sostiene che non sussistono i requisiti di straordinaria necessità ed urgenza prescritti dalla Costituzione. Il decreto-legge si limiterebbe a un’apodittica affermazione della sussistenza dei presupposti richiesti, mentre la sua adozione — dopo oltre un anno di dibattito parlamentare — lascerebbe trasparire il reale intento alla base del ricorso alla decretazione d’urgenza: quello di “accelerare, se non addirittura vanificare, il procedimento legislativo ordinariamente previsto dagli artt. 72 e seguenti della Costituzione”.La Procura conclude sottolineando che l’introduzione delle aggravanti tramite decreto-legge rappresenta una chiara violazione dei principi di ragionevolezza, coerenza e certezza del diritto, nonché delle prerogative del Parlamento nel processo legislativo.