L’incertezza che avvolge il commercio internazionale, e in particolare le minacce di tariffe punitive, non è una previsione leggibile in una sfera di cristallo, ma una realtà che impone un cambio di paradigma per l’Italia.
Le oscillazioni imprevedibili, i proclami seguiti da ritrattamenti, come spesso accaduto con l’amministrazione Trump, generano volatilità finanziaria, arricchendo pochi a spese di un’economia reale come quella italiana, vulnerabile e in pericolo.
Le conseguenze di un’imposizione tariffaria del 30% sull’import-export con l’Europa non sono semplicemente numeri su un foglio di calcolo, ma una potenziale catastrofe per l’intera filiera logistica e produttiva europea, con effetti devastanti per l’Italia.
Stiamo parlando di una perdita potenziale di quindici miliardi di euro in esportazioni, un impatto negativo di dieci miliardi sul Prodotto Interno Lordo e la perdita di quasi duecentomila posti di lavoro, concentrati soprattutto nelle regioni del Sud.
I settori strategici – agroalimentare, meccanica, farmaceutica – pilastri dell’eccellenza italiana, si troverebbero a fronteggiare una crisi senza precedenti.
La mera reazione di fronte a queste minacce non è sufficiente; è necessaria una strategia proattiva, una risposta strutturale che superi la logica del “spegnincendio”.
Si rende urgente la creazione di una “task force” interassociativa sulla logistica, un tavolo di confronto che coinvolga tutte le componenti chiave del sistema: autotrasporto, logistica integrata, spedizioni marittime, economia del mare, commercio, industria, e, soprattutto, le istituzioni pubbliche – Dogane, Ministeri, enti di controllo.
Questa cabina di regia non dovrà limitarsi a monitorare gli effetti delle tariffe su costi, prezzi e volumi di esportazione, ma dovrà anche sviluppare contromisure concrete per tutelare la filiera logistica nazionale.
Allo stesso tempo, dovrà affrontare con priorità l’eliminazione degli ostacoli burocratici e delle inefficienze interne che frenano la competitività del nostro Paese.
Non possiamo permetterci di essere penalizzati dalle nostre stesse debolezze mentre il mondo si evolve rapidamente.
L’obiettivo primario non è più reagire alle crisi, ma anticiparle.
È necessaria una visione lungimirante, una consapevolezza delle dinamiche globali e un’azione unitaria, che trascenda gli interessi di parte.
La fragile situazione economica internazionale richiede un cambio di mentalità, un investimento in innovazione, digitalizzazione e sostenibilità.
Perché la prossima tempesta, a differenza delle precedenti, potrebbe non essere solo un’illusione, ma una realtà ineluttabile che rischia di compromettere il futuro economico del Paese.
La resilienza dell’Italia dipende dalla capacità di trasformare la fragilità in forza, l’incertezza in opportunità.