sabato 26 Luglio 2025
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Banksy a Venezia: restauro contro natura, un dibattito acceso.

L’opera “Bambino migrante” di Banksy, icona pungente sulla facciata di Palazzo San Pantalon a Venezia, si appresta a intraprendere una delicata fase di restauro, innescando un dibattito acceso tra conservazione e rispetto dell’intento originale dell’artista.

L’intervento, finanziato da Banca Ifis, proprietaria dell’edificio che ospiterà la nuova sede dell’istituto e un centro dedicato all’arte contemporanea, si preannuncia complesso e articolato.

La decisione di procedere con un restauro “a caldo”, ovvero con la temporanea rimozione del graffito dalla sua collocazione originaria, ha suscitato interrogativi e controversie.

Contrariamente alle aspettative iniziali, che facevano presagire un intervento *in situ*, l’opera sarà trasferita in un laboratorio specializzato per un trattamento più approfondito.

Questa scelta, ufficialmente giustificata dalla necessità di garantire la massima cura e precisione nell’intervento, appare in contrasto con la filosofia stessa di Banksy, il quale ha sempre concepito le sue opere come destinate a interagire con l’ambiente urbano, subendo il naturale processo di degrado e trasformazione legato all’esposizione agli agenti atmosferici.

La realizzazione dell’opera, direttamente applicata sulla superficie muraria a pelo d’acqua, l’ha resa particolarmente vulnerabile agli effetti corrosivi dell’umidità, della salsedine e delle frequenti maree veneziane, accelerando il processo di scolorimento e deterioramento.

Il disegno, a tratti struggente, raffigura un bambino in fuga, immerso nell’acqua lagunare, che con una torcia di segnalazione tenta disperatamente di inviare un messaggio di soccorso, un potente simbolo della crisi migratoria globale.

Il restauro si inserisce all’interno di un più ampio progetto di riqualificazione di Palazzo San Pantalon, affidato allo studio internazionale Zaha Hadid Architects, con la collaborazione di TheMa Architettura, Davide Sabbadin e Alessandro Gasparini.

L’intervento mira a restituire all’edificio la sua originaria bellezza e funzionalità, integrando al contempo le esigenze di un centro d’arte contemporanea e di una sede operativa di Banca Ifis.

La sfida è quella di conciliare la salvaguardia del patrimonio storico-artistico con l’innovazione architettonica e la creazione di uno spazio vitale per la cultura e la creatività.

L’iniziativa ha suscitato reazioni contrastanti, con l’associazione degli architetti veneziani che ha espresso preoccupazione per un intervento che, a suo dire, snatura l’essenza stessa dell’opera di Banksy, privandola della sua patina di autenticità e del suo potere evocativo.

La questione solleva un interrogativo più ampio sul ruolo dell’arte urbana e sulla responsabilità di chi interviene su opere che nascono per comunicare un messaggio diretto e immediato, spesso legato alla precarietà e alla transitorietà.
Il futuro del “Bambino migrante” e la sua capacità di continuare a suscitare riflessioni e interrogativi dipenderanno dalla sensibilità e dalla perizia di chi si occuperà del suo restauro, auspicabilmente capaci di trovare un equilibrio tra conservazione e rispetto dell’opera d’arte come testimonianza di un tempo e di una condizione umana.

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