sabato 26 Luglio 2025
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Banksy a Venezia: restauro contro natura, un dilemma artistico.

Il celebre murale “Bambino migrante”, opera iconica di Banksy realizzata a Venezia nel 2019 sulla facciata di Palazzo San Pantalon, è al centro di un complesso intervento di restauro che solleva interrogativi sul rapporto tra arte urbana, conservazione e diritto all’autenticità.

L’iniziativa, promossa da Banca Ifis, proprietaria dell’edificio che ospiterà una nuova sede e un centro dedicato alle arti contemporanee, e sostenuta dalla Soprintendenza del Ministero della Cultura, si preannuncia come una sfida inedita per la salvaguardia di un’opera nata per sfidare le convenzioni e prosperare nell’ambiente che la circonda.

A differenza di quanto inizialmente previsto, e nonostante le aspettative di un intervento “in situ”, il murale sarà temporaneamente rimosso e trasportato in un laboratorio specializzato per un restauro più approfondito.

La decisione, confermata dall’Albo Pretorio del Comune di Venezia tramite un’ordinanza che disciplina il traffico acqueo nei pressi del palazzo, ha suscitato un dibattito acceso tra appassionati d’arte e cultori del valore effimero dello street art.
L’intervento, che coinvolgerà la rimozione di porzioni della facciata per garantire la sicurezza dell’edificio, si inserisce in un piano di restauro complessivo di Palazzo San Pantalon, progettato dallo studio Zaha Hadid Architects, in collaborazione con TheMa Architettura e gli ingegneri Davide Sabbadin e Alessandro Gasparini.

Questo progetto ambizioso mira a riqualificare l’intero edificio, preservandone la storia e integrando le innovazioni architettoniche contemporanee.

La scelta di restauro, originariamente sollecitata dall’ex sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi, è stata oggetto di critiche da parte dell’associazione degli architetti veneziani, che sottolinea come l’opera di Banksy, intrinsecamente legata alla sua esposizione agli agenti atmosferici, perda parte della sua identità e del suo significato quando sottoposta a interventi conservativi.

Il murale, realizzato direttamente a contatto con l’acqua della laguna, ha subito nel tempo i segni dell’umidità, della salsedine e delle maree, manifestando un progressivo scolorimento che ne testimoniava la fragilità e l’effimero.

L’immagine del bambino rifugiato, con i piedi immersi nell’acqua e una torcia di soccorso che emette un lampo fucsia, è diventata un simbolo potente della crisi migratoria e del bisogno di solidarietà.
Il suo valore artistico risiede, in larga misura, nella sua capacità di comunicare un messaggio sociale urgente, integrato nel contesto urbano e soggetto alle vicissitudini del tempo.

La sua rimozione, seppur necessaria per garantirne la sopravvivenza fisica, pone un dilemma fondamentale: come conciliare la tutela di un’opera d’arte con il rispetto della sua genesi e del suo spirito originario? La risposta, inevitabilmente, richiederà un equilibrio delicato tra la preservazione del patrimonio artistico e la comprensione profonda del messaggio che Banksy ha voluto trasmettere al mondo.

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