La produzione nazionale di grano duro per l’annata agraria 2024-2025 si attesterà su un livello record, con una stima di oltre 4,2 milioni di tonnellate, rappresentando un aumento del 20% rispetto all’anno precedente e del 12% rispetto alla media degli ultimi cinque anni. Tale risultato è da attribuire sia alle aree coltivate che sono in crescita dell’8,5% a livello nazionale secondo i dati Istat, sia alle condizioni climatiche favorevoli registrate in Sicilia, Basilicata e parte della Puglia.I dati presentati nel corso dei Durum Days di Foggia rappresentano le prime previsioni ufficiali riguardo alla produzione nazionale. La conferenza è stata organizzata e promossa da Assosementi, Cia – Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri, Fedagripesca Confcooperative, Compag, Italmopa, Unione Italiana Food, con il contributo tecnico di Crea e Areté. La partecipazione è stata garantita anche da società del settore come Corteva Agriscience e Syngenta.Secondo quanto riferisce una nota del Crea, la situazione dei principali bacini produttivi italiani si presenta con un quadro di ritardi nelle semine di grano duro per via delle abbondanti piogge che hanno interessato il Centro-Nord. Nei territori interessati da tali fenomeni climatici, i ristagni idrici hanno reso le successive pratiche agronomiche difficili. Anche nel Sud della penisola, le operazioni di semina sono state ritardate per mancanza di pioggia in novembre. Nonostante la media temperatura invernale che abbia accelerato il ciclo fenologico delle colture, è stato l’apporto regolare di precipitazioni a favorire lo sviluppo vegetativo.Tuttavia, le prossime settimane rappresentano ancora un fattore di incertezza. Eventi meteorologici come piogge intense o umidità eccessiva potrebbero compromettere lo stato fitosanitario della coltura in entrambi i territori (Centro-Nord e Sud), con possibili effetti negativi sulla resa finale.In relazione al quadro internazionale, gli analisti di Areté hanno delineato un quadro complessivamente di leggero calo delle produzioni di grano duro a livello mondiale. Questo fenomeno sarebbe da attribuire alle minori raccolti nei Paesi esportatori (Canada -7%, Stati Uniti -9% e Messico -78%), che non verrebbero compensati dalle maggiori produzioni dei Paesi importatori (UE +10%, Nord Africa +15%). Tuttavia, la prospettiva di una maggiore produzione europea limiterebbe la possibilità di tensioni sui prezzi italiani. La vulnerabilità del mercato ai possibili cambiamenti nel quadro produttivo dei Paesi importatori rende il settore particolarmente esposto a potenziali ondate di volatilità rialzista.