Un’ombra di preoccupazione si allunga sulla scena culturale sarda, alimentata da nuove critiche riguardanti la distribuzione dei fondi ministeriali per la cultura, con un focus particolare sui settori della danza e del teatro.
L’assessora Ilaria Portas, già voce solitaria in precedenza, ripropone con forza l’accusa di una penalizzazione sistematica della regione, inasprita dalla recente esclusione di sei progetti di danza su nove candidati per il finanziamento triennale 2025-2027.
La dinamica, secondo l’assessora, trascende una mera questione amministrativa, suggerendo una connotazione politica inequivocabile.
I dati emergono chiari: gli enti culturali operanti in regioni governate da amministrazioni di orientamento progressista, tra cui la Sardegna, avrebbero subito valutazioni drasticamente inferiori da parte delle commissioni ministeriali.
Queste valutazioni, sorprendentemente, sembrano ignorare un solido track record di qualità artistica, comprovato da riconoscimenti prestigiosi e dalla partecipazione a importanti tournée a livello nazionale e internazionale.
Si assiste, di fatto, a una dissonanza tra il valore oggettivo del lavoro svolto e i punteggi attribuiti, sollevando interrogativi inquietanti sulla trasparenza e l’imparzialità del processo decisionale.
Le accuse si fanno ancora più veementi da parte dei rappresentanti del Movimento 5 Stelle sardo, che denunciano un’inversione di tendenza preoccupante.
Il governo Meloni e il Ministero della Cultura, anziché fungere da sostenitori del panorama artistico nazionale, sembrano privilegiare logiche di clientelismo e favoritismi, a discapito del merito e della libertà di espressione culturale.
La prospettiva di una valutazione politica della qualità artistica appare aberrante, minando i principi fondamentali di un sistema culturale equo e dinamico.
L’assenza di reazioni da parte delle forze politiche di centrodestra regionali, viene interpretata come una forma di tacita approvazione, o perlomeno, una connivenza con le scelte ministeriali che penalizzano duramente la Sardegna.
La denuncia si configura come un attacco inedito all’autonomia culturale regionale, un tentativo di soffocare la creatività e la diversità della produzione artistica sarda, negando ai cittadini il diritto di accedere a forme di espressione libera e plurali.
La situazione, pertanto, non si riduce a una mera questione finanziaria, ma rappresenta una sfida cruciale per la difesa dell’identità culturale della Sardegna e per la salvaguardia dei valori di meritocrazia e pluralismo che devono animare il sistema culturale nazionale.
La vicenda richiede un’indagine approfondita e trasparente, affinché si possa ristabilire un quadro di equità e di fiducia nei confronti delle istituzioni culturali.