Jonathan Coe, autore britannico di fama internazionale, ha recentemente espresso un desiderio apparentemente umile durante la sua partecipazione al Festival letterario “Il Libro Possibile”, itinerante tra Polignano a Vieste, e con una tappa inaugurale a Londra.
Coe confessa di sognare la scrittura di romanzi concisi, brevi, quasi delle prose effimere, in netto contrasto con la complessità strutturale delle sue opere più note.
Un’aspirazione che, ironicamente, si scontra con la sua stessa propensione narrativa: un processo creativo in cui un’idea scintilla e, come un filo conduttore, ne trascina dietro altre, ampliando l’orizzonte narrativo fino a generare storie di notevole estensione.
“Accade per caso, non è una scelta consapevole”, ha spiegato, sottolineando la natura quasi involontaria del suo percorso creativo.
Il suo romanzo più recente, “La prova della mia innocenza”, pubblicato da Feltrinelli, offre uno spunto interessante per comprendere la dinamica del suo processo creativo.
Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, l’opera non è ambientata nel cuore di Londra, ma in una zona marginale, nella periferia aeroportuale di Heathrow.
Questa scelta non è casuale; Coe ha deliberatamente voluto allontanarsi dall’immaginario urbano consolidato, desideroso di esplorare luoghi meno conosciuti, di restituire al lettore un paesaggio diverso, alternativo alla solita immagine patinata della capitale.
La volontà di uscire dalla consueta rappresentazione di Londra si traduce in una narrazione che scava nelle profondità di un territorio sospeso tra modernità e tradizione, tra effimero e permanente.
Un elemento inaspettato che arricchisce la trama del romanzo è il richiamo a Venezia.
L’autore, legato alla città lagunare da un’esperienza accademica durata alcune settimane, ha voluto omaggiare la sua bellezza e la sua atmosfera unica, inserendola in modo significativo nel corso della narrazione.
Venezia non è solo uno sfondo suggestivo, ma un elemento cruciale per la risoluzione del mistero che permea l’opera, diventando un vero e proprio tassello del puzzle narrativo.
La presenza di Coe in Puglia non è una novità, ma la sua visita a Vieste rappresenta una scoperta.
Colpito dalla bellezza del luogo e dall’atmosfera che lo avvolge, l’autore esprime il desiderio di tornare presto, animato dalla speranza di trovare nuove occasioni per approfondire il suo legame con questa terra affascinante.
L’esperienza pugliese si configura quindi come un’ulteriore fonte di ispirazione, un terreno fertile per nuove storie e nuove riflessioni sul potere della narrazione e sulla sua capacità di connettere culture e paesaggi apparentemente distanti.
La sua apertura verso nuove esperienze, la sua curiosità intellettuale e la sua sensibilità artistica si traducono in un’opera che invita il lettore a guardare oltre le convenzioni, a esplorare l’ignoto e a lasciarsi sorprendere dalla bellezza del mondo.