Il 18 maggio 2018, lo Studio Ovale di Palazzo della Casa Bianca accolse un colloquio teso tra Donald Trump e Cyril Ramaphosa. La visita del presidente sudafricano fu il risultato di un’invocazione ripetuta da parte di Trump, volendo avviare nuove dinamiche di collaborazione tra i due Paesi. Le attese dei due leader erano però diverse: per Trump, era l’occasione per approfondire la questione della Cina in Africa e trovare un alleato nella regione; per Ramaphosa, il fine principale della visita era quello di ottenere sussidi economici per combattere la povertà nel suo Paese.Le parole di benvenuto di Trump furono ricambiate da Ramaphosa con una frase inequivocabile: “La nostra è un’amicizia che non ha eguali, in quanto entrambi i nostri Paesi condividiamo la stessa visione per il futuro dell’Africa”. Tuttavia, le conversazioni si fecero subito più complicate quando Trump e Ramaphosa iniziarono a discutere della questione dei massacri di agricoltori bianchi nella regione di Mpumalanga. Questi ultimi accusano il governo sudafricano di perpetuare un vero e proprio genocidio, con la complicità di alcuni esponenti del partito ANC (African National Congress).L’amministrazione Trump si è schierata a sostegno delle vittime, considerando i fatti come un evidente attentato alla vita e alle proprietà dei cittadini bianchi del Paese. Per questo motivo, durante il colloquio Trump ha chiesto a Ramaphosa di agire con maggiore fermezza contro i responsabili di questi crimini e di garantire la sicurezza delle vittime.Le parole utilizzate da Trump hanno creato una certa inquietudine tra gli ospiti sudafricani, poiché il presidente americano non ha espresso le sue preoccupazioni con un tono rispettoso nei confronti del governo locale. In particolare, ha accusato Ramaphosa di essere troppo compiacente verso i leader africani che commettono violenze contro la popolazione bianca, come Zuma e Malema.L’incontro tra Trump e Ramaphosa si è concluso con un discorso del presidente sudafricano. La sua dichiarazione di fine colloquio ha lasciato intendere una certa insoddisfazione per la mancata comprensione da parte del governo americano delle leggi locali e della storia culturale africana.La tensione generatasi durante le conversazioni tra Trump e Ramaphosa non è servita solo a mettere in luce le divergenze di vedute dei due leader. Ha anche sottolineato la complessità del processo di dialogo politico tra i Paesi occidentali ed africani, dove ogni questione può facilmente diventare un’ostacolo alle trattative.La visita di Ramaphosa al Pentagono il giorno dopo ha contribuito a mitigare le tensioni. L’incontro con il Segretario della Difesa James Mattis è stato molto cordiale e rispettoso, e il discorso finale del Presidente sudafricano sembra aver riscritto la sua dichiarazione precedente.Il colloquio tra Trump e Ramaphosa ha rappresentato un capitolo importante della difficile storia delle relazioni politiche internazionali. La mancata comprensione reciproca dei due leader e le loro diverse posizioni su questioni come quelle relative alle violenze contro i bianchi sudafricani, hanno creato uno scenario molto complesso.Sebbene l’incontro non sia stato in grado di raggiungere una soluzione immediata, ha rappresentato un passo importante verso la creazione di nuove dinamiche politiche tra i due Paesi.