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Microbiota e aterosclerosi: scoperta un biomarcatore chiave.

Il microbiota intestinale, un complesso ecosistema di microrganismi che risiede nel nostro intestino, si rivela un attore cruciale anche nella patogenesi dell’aterosclerosi, una malattia cardiovascolare silenziosa che può sfociare in eventi acuti come infarti e ictus.
Una ricerca innovativa, condotta dal Centro Nacional de Investigaciones Cardiovasculares Carlos III (CNIC) di Madrid e con la significativa partecipazione della ricercatrice italiana Annalaura Mastrangelo, ha messo in luce il ruolo di un metabolita specifico, il propionato di imidazolo (ImP), prodotto da alcune specie batteriche intestinali, come potenziale acceleratore di questo processo patologico.

I risultati, pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature, aprono nuove prospettive diagnostiche e terapeutiche, suggerendo un approccio più mirato e precoce nella gestione della malattia.

L’aterosclerosi, caratterizzata dall’accumulo di placche lipidiche e dalla conseguente riduzione del lume vascolare, è notoriamente difficile da diagnosticare nelle sue fasi iniziali.
Le tecniche attuali si basano su esami di imaging avanzati, onerosi e spesso non accessibili.

La scoperta del metabolita ImP offre un biomarcatore circolante potenzialmente rivoluzionario.
La sua presenza nel sangue, anche in soggetti asintomatici, si è dimostrata correlata con lo sviluppo di aterosclerosi attiva, suggerendo una finestra diagnostica molto più precoce rispetto alle attuali metodologie.
L’importanza della scoperta risiede anche nel fatto che ImP non è un metabolita prodotto dal corpo umano, ma esclusivamente derivante dall’attività metabolica di specifici batteri intestinali.

Questo isola il metabolita come un indicatore altamente specifico dell’influenza del microbiota sulla salute cardiovascolare.

Il team di ricerca, guidato da Mastrangelo e Iñaki Robles-Vera, ha non solo identificato l’associazione tra i livelli di ImP e la presenza di aterosclerosi, ma ha anche dimostrato, attraverso esperimenti su modelli murini, che ImP agisce direttamente come fattore causale della malattia.

David Sancho, responsabile del Laboratorio di Immunobiologia del CNIC, sottolinea che questa scoperta getta le basi per lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche.

L’uso di antagonisti del recettore I1R, un recettore a cui ImP si lega per esercitare i suoi effetti dannosi, ha dimostrato di prevenire l’induzione dell’aterosclerosi in modelli murini alimentati con una dieta ipercolesterolemica e di rallentare la progressione della malattia.
Questa evidenza apre la strada a farmaci specifici in grado di bloccare l’azione di ImP, offrendo la promessa di una medicina personalizzata e preventiva.

Il progetto, frutto di una collaborazione internazionale tra università e centri di ricerca, ha ricevuto un ampio sostegno finanziario da diverse istituzioni, tra cui la Fondazione la Caixa, l’European Research Council e il Ministero della Scienza, Innovazione e Università, evidenziando l’importanza strategica di questa ricerca per la salute pubblica.

Il futuro prossimo vedrà lo sviluppo di farmaci mirati all’inibizione dell’azione di ImP, rappresentando un passo fondamentale nella lotta contro l’aterosclerosi e nella promozione di una prevenzione cardiovascolare più efficace.

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