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Bancarotta fraudolenta in albergo: indagati per schema illecito e appropriazione

L’inchiesta scaturita dal fallimento di un albergo di Auronzo di Cadore, con un dissesto finanziario di 4,5 milioni di euro, ha portato alla denuncia di quattro individui da parte della Guardia di Finanza.

Il caso, emerso nel 2022, solleva interrogativi complessi sulla gestione finanziaria e la governance di una struttura alberghiera che, per anni (2008-2024), ha rappresentato una sede cruciale per il ritiro precampionato di una squadra di calcio di Serie A, evidenziando come la vulnerabilità di un’attività commerciale possa essere sfruttata per fini illeciti.

Le indagini hanno disvelato un sofisticato schema di bancarotta fraudolenta, articolato in diverse modalità: patrimoniale, preferenziale e documentale.

Al centro della ricostruzione investigativa vi è la manipolazione di operazioni economico-commerciali e societarie, mirate a deviare risorse finanziarie dall’albergo bellunese verso una società di capitali napoletana, già fallita nel 2012.

Questo trasferimento di capitali, ottenuto attraverso il sistema bancario, costituisce un elemento chiave nell’accusa di appropriazione indebita e di violazione dei principi di trasparenza e correttezza nella gestione aziendale.

Un aspetto particolarmente rilevante è l’utilizzo improprio della riserva di conferimento, ovvero la somma destinata a rafforzare il capitale sociale dell’azienda.

L’amministratore della società alberghiera, secondo l’accusa, avrebbe erogato, nel 2010, circa 800.
000 euro alla controllante napoletana, in assenza delle necessarie delibere assembleari e di una giustificazione economica solida, violando così le disposizioni del Codice Civile.

La ricostruzione finanziaria ha inoltre messo in luce una serie di irregolarità relative a lavori di ristrutturazione dell’albergo.

La società alberghiera avrebbe commissionato tali lavori al socio unico, gonfiando le fatture per un importo di 1,6 milioni di euro.
Il socio unico, a sua volta, avrebbe subappaltato i lavori a diversi fornitori, mentre l’istituto di credito che finanziò l’operazione rimaneva ignaro della reale entità delle spese sostenute.

Il costo effettivo dei lavori si è rivelato essere di soli 300.

000 euro, in netto contrasto con la fatturazione di 1,9 milioni.
Ulteriori irregolarità sono state scoperte attraverso l’analisi dei flussi finanziari, che hanno rivelato un illecito rimborso di un pregresso finanziamento, per 250.

000 euro, alla società napoletana.
L’amministratore della società bellunese, inoltre, avrebbe utilizzato fondi aziendali, per un ammontare di circa 130.

000 euro, per spese personali, come viaggi, soggiorni, ristorazione e servizi di estetica, evidenziando una chiara violazione del dovere di fedeltà e diligenza nella gestione della società.
Il quadro si completa con una fraudolenta cessione di una porzione di fabbricato aziendale, del valore di oltre 500.
000 euro, ad un cittadino campano, in favore delle sue pretese creditorie, perpetrando un danno ulteriore ai creditori legittimi.
Le indagini hanno poi coinvolto due ulteriori individui, uno napoletano e uno romano, accusati di aver partecipato all’occultamento della documentazione amministrativa della società, successivamente recuperata durante una perquisizione.
L’intera vicenda impone una riflessione più ampia sulla responsabilità degli amministratori e sull’importanza di controlli rigorosi nella gestione delle risorse finanziarie delle aziende, soprattutto quando queste sono legate a contesti sensibili come lo sport professionistico.

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