Il grido di battaglia si leva da Marcianise, un concentrato di frustrazione e determinazione che risuona oltre i confini del sito industriale Jabil.
Un messaggio incisivo, sintetizzato in uno striscione: “L’unica guerra è ai licenziamenti.
Armiamoci di lavoro.
” Un monito che, in un mondo scosso da conflitti e da una frenetica corsa agli armamenti, riporta l’attenzione sull’arma più potente e urgente: il lavoro, la linfa vitale per la sopravvivenza e la dignità delle famiglie.
Quattrocento sei nuclei familiari si trovano sotto assedio, intrappolati in una vertenza complessa che rischia di infrangersi con la perdita dei loro posti di lavoro.
La protesta dei lavoratori, culminata con una mobilitazione presso il Consolato americano a Napoli, non è solo una manifestazione di dissenso locale, ma un’eco di un disagio più ampio, un richiamo alla responsabilità delle istituzioni, sia a livello nazionale che internazionale.
La scelta del Consolato americano non è casuale.
Mira a sensibilizzare direttamente la proprietà, percepita come distante e impermeabile alle richieste dei lavoratori.
Le precedenti manifestazioni, pur avendo attirato l’attenzione mediatica, non hanno prodotto risultati concreti, alimentando un senso di impotenza e urgenza.
L’azienda Jabil, multinazionale statunitense, ha innescato una procedura di cessione unilaterale dello stabilimento casertano a una nuova società, Tma, nata dalla partnership tra Tme e Invitalia.
Questa manovra, che dovrebbe concludersi a inizio luglio, lascia presagire una scadenza imminente: la possibilità di lettere di licenziamento che piomberanno sui lavoratori entro fine luglio.
“Abbiamo manifestato per far arrivare il messaggio direttamente alla proprietà americana,” dichiara Mauro Musella, delegato sindacale aziendale.
La denuncia è forte: la Regione Campania, il Ministero delle Imprese e Made in Italy, e la politica locale appaiono inerti, abbandonando i lavoratori alla loro sorte.
La richiesta è chiara: non si accetta la cessione, si rivendica il diritto al lavoro.
La delegazione sindacale ha potuto consegnare una lettera al Consolato, un documento che racchiude le speranze e le angosce di una comunità intera.
Non si tratta solo di salvare posti di lavoro, ma di proteggere la dignità, la stabilità e il futuro di centinaia di famiglie.
Il lavoro è un diritto fondamentale, un pilastro della società, e la sua difesa è una battaglia che riguarda tutti.
La mobilitazione di Marcianise rappresenta un campanello d’allarme, un invito a riflettere sul valore del lavoro e sulla necessità di politiche che lo tutelino e lo promuovano, in un’ottica di sviluppo sostenibile e di giustizia sociale.
La vera arma, in fondo, non è la forza militare, ma la tenacia e la resilienza di chi lotta per il proprio diritto al lavoro.