La scomparsa, avvenuta in una clinica parmense, di Francesco Mallardo, figura emblematica nel panorama della criminalità organizzata campana, segna la chiusura di un capitolo complesso e doloroso per la regione. Conosciuto come Ciccio ‘e Carlantonio, un appellativo che ne riflette la profonda radicazione in una famiglia e un’eredità criminale, Mallardo, 74enne, rappresentava un pilastro dell’imponente struttura che costituiva l’“Alleanza di Secondigliano”. Questo cartello, dominante a nord di Napoli per un periodo significativo, si caratterizzava per un’eccezionale coesione, forgiata non solo da legami di affari, ma anche da intricati rapporti di parentela, un elemento distintivo che ne ha rafforzato la tenuta e la capacità di esercitare un potere quasi incontrastato.La storia di Mallardo non nasce nel vuoto, ma affonda le sue radici in un contesto sociale ed economico specifico. Proveniente da una famiglia dedita all’agricoltura, un’attività che tradizionalmente offriva un apparente percorso di integrazione, Mallardo inizialmente si dedicò al contrabbando di sigarette, un’attività marginale ma rivelatrice di una propensione al profitto al di fuori delle regole. Questa fase preliminare preludeva a un coinvolgimento più profondo e sanguinoso con la camorra, portandolo a confrontarsi direttamente con Raffaele Cutolo, fondatore della Nuova Camorra Organizzata (NCO). Il confronto con Cutolo, caratterizzato da una feroce rivalità, evidenziò l’ambizione e la spietatezza di Mallardo, posizionandolo come un attore di primo piano nella lotta per il controllo del territorio. Successivamente, l’acceso conflitto con il clan Maisto dimostrò la sua capacità di operare in un ambiente ostile e di consolidare la propria posizione attraverso la forza e l’eliminazione degli avversari.L’evoluzione di Mallardo e della sua organizzazione criminale fu complessa e riflette le trasformazioni del fenomeno camorristico nel tempo. Insieme al cugino Feliciano, soprannominato “’o sfregiato”, Mallardo intuì le potenzialità del settore edile e del mercato immobiliare, diversificando le attività illecite. Questa transizione segnò il passaggio da una camorra di stampo tradizionale, legata a un’economia di sussistenza, a un’organizzazione criminale sofisticata, capace di riciclare ingenti capitali derivanti da attività illecite, come estorsioni e traffici illeciti. La capacità di “ripulire” i proventi, incanalandoli verso investimenti apparentemente legali, permise all’organizzazione di operare con una maggiore discrezione e di infiltrarsi nell’economia legale, grazie alla collaborazione con gruppi come quello del Selcione e quello delle “Palazzine”.La carriera criminale di Mallardo fu costellata di arresti e periodi di latitanza, testimonianza della sua abilità nel sottrarsi alla giustizia e della difficoltà di incatenarlo. La sua scomparsa, sebbene segna la fine di un percorso criminale, non cancella l’eredità di un uomo che ha contribuito a plasmare il tessuto criminale campano e a perpetuare un ciclo di violenza e illegalità che continua a gravare sulla società. La sua storia rappresenta un monito sulla necessità di contrastare con determinazione le organizzazioni criminali e di promuovere una cultura della legalità che possa garantire un futuro migliore per le nuove generazioni.