Il filo rosso della violenza estrema che colpisce le donne in Italia si fa sempre più stringente, tessendo una trama di dolore e paura che investe intere comunità. La recente scomparsa di Fernanda Di Nuzzo, assassinata a Grugliasco, appare come un’eco tragica di eventi precedenti, un monito sconcertante che si aggiunge a una sequenza inaccettabile. A distanza di poco più di un mese dal femminicidio di Chiara Spatola, una giovane donna la cui vita è stata brutalmente interrotta a Volvera insieme al suo compagno, la morte di Fernanda, una donna matura, evidenzia la portata trasversale di questa emergenza. La ricorrenza cronologica, seppur crudele, sottolinea la persistenza del fenomeno. A febbraio, Cinzia D’Aries aveva già perso la vita per mano del marito a Venaria Reale, creando un lutto continuo in un territorio limitato. Questi tre casi, così vicini nel tempo e nello spazio, non rappresentano un mero insieme di tragedie individuali, ma emergono come manifestazioni sintomatiche di una crisi sociale profonda. Dietro ogni nome, dietro ogni storia strappata, si celano dinamiche complesse di potere, controllo e manipolazione. I femminicidi non sono atti di passione o folle rabbia, ma l’apice di un percorso di violenza verbale, psicologica ed economica che spesso si protrae per anni. Sono l’estremo risultato di una cultura patriarcale che ancora oggi, seppur in forma più subdola, legittima il dominio maschile e sminuisce il valore delle donne.La distanza temporale ridotta tra questi eventi impone una riflessione urgente. Non è sufficiente condannare questi crimini con parole di cordoglio. È necessario intervenire a livello culturale, educativo e istituzionale per sradicare le cause profonde di questa violenza. Ciò implica promuovere una maggiore consapevolezza del fenomeno, rafforzare i servizi di supporto alle donne vittime di violenza, garantire una formazione adeguata per le forze dell’ordine e la magistratura, e soprattutto, educare i giovani a relazioni paritarie e rispettose.La lista dei femminicidi in Italia si allunga inesorabilmente, trasformandosi in un registro della vergogna nazionale. Ogni nome cancellato rappresenta una perdita irreparabile, una ferita aperta nel tessuto sociale. È imperativo che la società civile, le istituzioni e la politica si uniscano in uno sforzo comune per spezzare questo ciclo di violenza e restituire alle donne la possibilità di vivere libere dalla paura e dal terrore. La memoria di Chiara, Fernanda e Cinzia, insieme a tutte le altre vittime, deve diventare la forza motrice di un cambiamento radicale e duraturo.