giovedì, 5 Giugno 2025
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Ilaria Alpi e Miran Hrovatin: un murale per la verità dimenticata.

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Un’immagine potente, un grido silenzioso che si proietta sulla facciata di Saxa Rubra: Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, ritratti in un murale vibrante, emergono dalla penombra, simboli di un’indagine mai conclusa, di una verità soffocata. Il sorriso, un’eco di vitalità spenta; gli occhiali da sole, uno scudo contro la brutalità del mondo; il microfono, testimone muto di un racconto interrotto; la telecamera, strumento di cronaca divenuto testimone di un’assenza ingiustificata. Tre rose bianche, candele accese per due vite strappate, una delle quali reca la frase emblematica: “Noi non archiviamo”, un monito a non dimenticare, a non cedere alla rassegnazione. Le silhouette scure in movimento, figure anonime che si muovono nel contesto di un’azione più ampia, rappresentano forse le ombre del potere, le complicazioni di un caso avvolto nel mistero. La scritta ‘Truth’, verità, proiettata a grandezza naturale, si erge come un’aspirazione, un desiderio di chiarezza mai realizzato.L’opera, ideata dal sindacato Usigrai e realizzata dalla street artist Laika, non è solo un tributo a due giornalisti scomparsi in Somalia trentuno anni fa, ma una riflessione profonda sul ruolo del servizio pubblico e sulla sua responsabilità nei confronti della verità. L’Ad della Rai, Giampaolo Rossi, durante l’inaugurazione, ha sottolineato come l’esempio di Alpi e Hrovatin si incarni nell’essenza stessa della funzione pubblica, che trascende il mero giornalismo per abbracciare la comunicazione e la gestione di un’azienda complessa. Si tratta di un atto di memoria, un potente strumento per la libertà di informazione, un impegno a non permettere che la verità venga insabbiata.Daniele Macheda, segretario Usigrai, ha sollevato un punto cruciale: la scarsità di voci che hanno raccontato l’accaduto potrebbe aver contribuito a soffocare quella vicenda. Se ci fossero state cento Ilaria e cento Miran in Somalia, il peso della verità sarebbe stato più difficile da occultare, le dinamiche del potere più complesse da manovrare. La presenza di molteplici testimoni, la forza di un coro di voci, avrebbero potuto impedire l’oscuramento di un caso che ancora oggi genera interrogativi e alimenta sospetti. Il murale, dunque, si configura come un invito a coltivare una cultura della responsabilità, a promuovere una informazione libera e indipendente, a non arrendersi mai nella ricerca della verità, anche quando questa si rivela scomoda o pericolosa. Un atto di memoria collettiva, un monito per le generazioni future, un impegno costante a non dimenticare il prezzo pagato per la libertà di cronaca.

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