La montagna, custode silente di bellezza aspra e ineluttabile, ha reclamato la vita di Fabio Trevisan, giovane e promettente alpinista altoatesino. La notizia, giunta con la gravità di un’eco glaciale, ha spento l’entusiasmo di una comunità legata profondamente alle tradizioni e alle sfide delle cime. Trevisan, 28 anni, originario di Laives, si è spento sul Gran Zebrù, una vetta che incarna l’imponenza e la pericolosità del massiccio Ortles-Cevedale.La scomparsa, verificatasi venerdì, aveva innescato un’operazione di ricerca complessa e intensa, affidata a squadre di soccorso specializzate, elicotteri e unità cinofile. Il giovane era impegnato in una spedizione con un compagno, un’esperienza che si è trasformata in tragedia quando una slavina, un fenomeno naturale potente e imprevedibile, si è staccata da un canalone roccioso, travolgendo Trevisan e trascinandolo per un tratto di circa 300 metri.Fabio Trevisan non era un alpinista dilettante. La sua preparazione tecnica e la sua conoscenza dell’ambiente alpino erano riconosciute e apprezzate. Ricercatore alla Libera Università di Bolzano, il suo background intellettuale si integrava con la passione per l’alpinismo, creando un profilo di uomo che cercava, nelle vette, un confronto continuo con se stesso e con i limiti umani. Si presume che stesse conducendo osservazioni sul territorio in relazione ai suoi studi, un’attività che lo portava spesso in ambienti remoti e impervi.La dinamica della tragedia mette in luce la fragilità umana di fronte alla forza della natura. Anche l’esperienza e la conoscenza del terreno non garantiscono una sicurezza assoluta; la montagna, con i suoi capricci atmosferici e le sue valanghe improvvise, può trasformare in un istante un’avventura in una sfida mortale. Questo evento, purtroppo, non è un caso isolato, ma un doloroso monito sulla necessità di una continua e rigorosa valutazione dei rischi in ambiente alpino.L’altruismo di Trevisan, oltre alla sua passione per l’alpinismo, si rifletteva nella sua scelta di lavorare come ricercatore, contribuendo alla conoscenza e alla salvaguardia del territorio alpino. La sua perdita lascia un vuoto incolmabile nella comunità scientifica e tra coloro che lo conoscevano. La memoria di Fabio Trevisan, l’alpinista e il ricercatore, rimarrà impressa nel cuore di chi lo ha conosciuto, un esempio di coraggio, passione e dedizione alla scoperta e alla comprensione del mondo che ci circonda. La montagna, ora, piange con noi, offrendo il suo silenzio come lutto e come riflessione sull’effimero della vita.