La richiesta di ergastolo e isolamento diurno per due anni avanzata dalla Procura di Catania, rappresentata dai sostituti Fabio Scavone e Fabio Platania, pone al centro un caso di presunta omicidio che solleva interrogativi profondi sulla responsabilità individuale, la gestione del lutto e l’alterazione intenzionale delle prove. Leonardo Fresta, 43 anni, panificatore, è accusato di aver privato della vita la sua convivente, Debora Pagano, 32 anni, nella loro abitazione a Macchia, frazione di Giarre, nel luglio del 2022.Il fulcro dell’accusa non risiede tanto nel gesto in sé, quanto nella successiva gestione degli eventi, caratterizzata da un ritardo inaccettabile nella segnalazione del decesso. Fresta, secondo l’accusa, avrebbe procrastinato la comunicazione al 118 per oltre giorno e mezzo, giustificando il comportamento con uno stato di shock. Questa giustificazione, tuttavia, viene considerata insostenibile alla luce delle evidenze raccolte dagli inquirenti.L’indagine ha rivelato anomalie significative che contraddicono la versione fornita dall’imputato. L’utilizzo del luminol, reagente chimico utilizzato per rivelare tracce di sangue non visibili ad occhio nudo, ha permesso di individuare una diffusa presenza di macchie ematiche in diverse aree dell’abitazione, ben al di là del bagno. Questa estensione delle tracce, associata a un’opera di pulizia generalizzata e apparentemente immotivata, suggerisce un tentativo di manipolare la scena del crimine e di nascondere prove cruciali.La dinamica del fatto assume ulteriori connotati inquietanti se si considera la presenza, al momento del decesso, della figlia della coppia, una bambina di sette anni, che fortunatamente si trovava a casa della nonna materna. La protezione di questa minore, testimone indiretta di un evento traumatico, rappresenta un aspetto cruciale nel contesto più ampio della giustizia e del benessere psicologico del bambino.La Procura, nel formulare la richiesta di ergastolo, non intende solamente punire un presunto atto violento, ma anche condannare la profonda disumanità dimostrata dalla gestione post-mortem, un comportamento che incide sulla fiducia nelle istituzioni e sulla ricerca della verità. L’ergastolo, in questo caso, si configura come un monito contro la possibilità di alterare la giustizia attraverso l’occultamento e la manipolazione delle prove, e come garanzia di una tutela massima per la società e per la fragile vittima, ora costretta a ricostruire la propria esistenza in assenza della madre. L’isolamento diurno, come parte della pena, mira a privare l’imputato di qualsiasi contatto con il mondo esterno, accentuando la severità della condanna e riflettendo la gravità del reato. La prossima udienza, il 17 giugno, sarà dedicata all’arringa difensiva, che offrirà la possibilità all’imputato di presentare la propria versione dei fatti e di contestare le accuse mosse dalla Procura.